Gradimento Medio-alto
ma non lo rileggerei

Quinchotte

scritto da Rushdie Salman
  • Pubblicato nel 2019
  • Edito da Vintage
  • 390 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 23 ottobre 2019
"Perché a me par vivendo questa mia povera vita, un'altra rasentarne come nel sonno; e che quel sonno sia la mia vita presente" (Camillo Sbarbaro). In un mondo che va in frantumi è possibile salvarsi con la fantasia, creandosi un'altra realtà? E così facendo sfuggire alla morte? Rushdie cerca di rispondere a questa domanda con un grande affresco: al centro ci sono le fonti dell'illusione della nostra epoca, quelle che ci fanno credere che "tutto possa accadere": la televisione, il cinema, i nuovi media e così via; c'è poi un racconto di un modesto autore di thriller: un anziano venditore di farmaci oppiacei è un moderno Don Chischiotte, dal nome evocativo Quinchotte, che si mette in marcia  per le strade d'America per conquistare il cuore di una star della televisione; dopo c'è l'Autore, guarda caso uno scrittore anglo indiano, il quale via via che costruisce la storia capisce che Quinchotte, "il solitario in cerca dell'amore, il perdente nessuno che credeva capace da solo di vincere il cuore di una regina, era stato con lui tutta la vita, un ombra di se stesso, intravista talvolta di sbieco con la quale non aveva avuto coraggio di confrontarsi"; ed infine Rushdie stesso, che cerca di estraniarsi dal presente, così inquietante ed ambiguo, per legare passato e futuro e vincere in tal modo la morte. Nella cornice esterna di questo affresco a cerchi concentrici si rinnova la "grande partizione", tema dominante dell'autore indiano: il cambiamento climatico distrugge la terra e pregiudica la sopravvivenza, il populismo avanza vittorioso con le sue facili ricette, il razzismo e la violenza si diffondono, la Gran Bretagna si sta disgregando, città un tempo aperte e tolleranti come Londra si chiudono rancorose e diffidenti, gli ancoraggi di un esule come Rushdie si dissolvono: "il mondo non ha più a lungo un fine eccetto che tu debba finire il tuo libro. Quando lo hai fatto, le stelle inizieranno a svanire". Questo grande affresco, una sorta di testamento, non poteva che andare a scapito del racconto: esso si frammenta in mille rivoli, ci si perde nelle parentesi anche filosofiche, si è oppressi da una prolissità tipica di Rushdie, ma in questo caso non sostenuta da una scrittura sorprendente. Il filone narrativo più intrigante è quello costituito da Quinchotte. Mentre viaggia per le strade d'America gli si affianca il figlio che avrebbe voluto, Sancho, prima in forma incorporea, poi con una sua materialità per l'intervento della Fata Turchina e del Grillo Parlante. Nuovo Pinocchio, Sancho ha una sua individualità ma deve farsi una coscienza; non vorrà e quindi svanirà nel nulla: ossia solo l'etica ci dà vera vita. Nel frattempo un miliardario stravagante propone in televisione una "porta" verso un' altra dimensione per salvarsi dal disastro climatico. Quinchotte ha quindi uno scopo: portare la donna amata in un altro mondo, salvarla. Ma tutto questo è reale pur nella finzione o solo il frutto degli oppiacei che pervadono ormai nella nostra società? Probabilmente sono allucinazioni con le quali si crede di sopravvivere, di poter non fare nulla mentre si va verso la catastrofe. Insieme con la donna amata, Quinchotte si getta con coraggio  attraverso la porta, ma si ritrova nella realtà irrealtà dell'Autore, realtà destinata a scomparire con la fine del libro, come succede a tutte le storie di fantasia. "L'uomo microscopico, la creatura dell'immaginazione dell'Autore, aveva brillantemente fatto l'impossibile e aveva congiunto i due mondi, aveva attraversato dal mondo della fantasia al mondo reale dell'Autore (...) Fermati gridò l'Autore, sapendo che cosa sarebbe accaduto subito dopo, la cosa che non poteva fermare, poiché l'aveva già scritta; era già accaduta, così non poteva impedire che accadesse. Il suo cuore batteva, come se potesse separarsi dal petto. Ogni cosa stava arrivando ad una conclusione." Rushdie"non poteva impedire la fine del mondo né la morte dell'Autore né la fine di due preziose, anche se piccole, vite umane".

Quanti argomenti vuole trattare il grande scrittore indiano! E' come se tutta la sua vita gli sia davanti e lui abbia voluto ripercorrerla con una storia sbalorditiva: la grande letteratura che l'ha ispirato, le vicende della sua famiglia e del suo paese, l'angoscia dell'esistente, il piacere della fiction, anche televisiva. E' come se volesse strappare un velo e mediante il reale - irreale metterci dinanzi al nostro destino, l'estinzione della specie umana, la morte individuale. Certo ci prende la nostalgia per ciò che il racconto non è riuscito a dare, l'incredibile storia del Don Chisciotte moderno: quanti di noi vorremmo avere il coraggio di questo strambo vecchietto, tele dipendente ed eppure saggio, per gettarci anche noi in una inverosimile storia d'amore con una star! Se tutto può accadere ....

Siamo stati abituati ad una scrittura barocca, dannunziana e travolgente; invece siano dinanzi ad uno stile piatto, facilmente leggibile ma prosaico e banale, come quello di altri scrittori. Talvolta ritorna il grande Rushdie. Dinanzi all'eventualità prospettata da Sancho che la donna amata non voglia il vecchio scapolo, così si indigna Quinchotte, gridando. "Che domanda è questa? (...) E' la domanda di un ignorante. E' l'inchiesta di un mandrillo cercando di parlare inglese. E' lo sputacchio di un pesce fuori dall'acqua. E' il ballo di una ameba che pensa di essere un essere umano. E' un insulto alla grandezza della mia ricerca..."


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