Sconsiglio vivamente
e non lo rileggerei

Foglie rosse

scritto da Faulkner William
  • Pubblicato nel 1930
  • Edito da Modern Library Edition
  • Letto in Inglese
  • Finito di leggere il 28 agosto 2017

Per William Faulkner il racconto è simile alla poesia, "quasi ogni parola deve essere quella giusta"; ed infatti la narrazione è densa, ermetica, ricca di simbolismi, di difficile interpretazione.
Come avviene in "Foglie rosse", già la scelta del titolo solleva numerosi interrogativi: cosa vuole indicare ? Per alcuni commentatori lo scrittore ha voluto riferirsi al ciclo delle stagioni e quindi starebbe a sottolineare come sia un destino naturale ciò che soffoca e distrugge il popolo Negro.
Le foglie rosse esprimerebbero una condizione esistenziale, cosmica, come nella poesia di Giuseppe Ungaretti rivolta ai soldati della prima guerra mondiale: "Si sta come dʼautunno sugli alberi le foglie".
Un grande capo indiano è morto; come vuole la tradizione della tribù, coloro che lo hanno servito in vita (il cane, il cavallo e il suo schiavo negro) lo devono seguire nella tomba.
Due indiani si dirigono ai quartieri degli schiavi per prelevare lʼuomo.
Ciò che li disgusta è la puzza dei corpi, un odore disgustoso.
I negri "sembravano essere sospesi come su qualche cosa di remoto, inscrutabile.
(...) Erano come le radici di un grande albero sradicato, la terra momentaneamente spaccata sul contorto, spesso, fetido groviglio della sua vita oltraggiata e senza speranza." Da ciò che dicono i due uomini veniamo a sapere come la schiavitù sia un fardello, frutto della contaminazione del puro popolo indiano con quello bianco.
Nato da un matrimonio misto, tra un indiano ed una donna bianca, lo stesso defunto è stato in Europa ed è tornato con alcuni oggetti dei quali non comprende lʼutilità; tra questi un paio di pantofole rosse; ogni qualvolta il figlio prova a calzarle cade in uno stato di incoscienza.
Che cosa significa ? Forse perché "questo mondo (...) viene rovinato dagli uomini bianchi.
Noi vivemmo sereni per anni prima che gli uomini bianchi ci imposero i loro negri.
Nei giorni antichi gli anziani sedevano allʼombra e mangiavano granturco e carne di cervo, arrostito lentamente sul fuoco, e fumavano tabacco e parlavano di onore e di questioni importanti; ora che cosa facciamo ?" La contaminazione non rompe lʼassurdo rituale della morte, quasi a dire che la società bianca, tecnologica ed evoluta, rinsalda le abitudini ancestrali, invece di farle evolvere verso forme civili.
È solo corruzione in una società immobile; non è progresso.
La riflessione di Faulkner non riguarda solo il Sud degli Stati Uniti, che, almeno dalle notizie che abbiamo, sembra bloccato nella nostalgia del passato; pensiamo ad alcuni fatti che ci sembrano inspiegabili, come il femminicidio, lʼinfibulazione, lo sfruttamento brutale, così diffusi nella nostra avanzata Europa, a dispetto delle leggi e dei valori dichiarati.
Solo atti individuali di Resistenza possono superare la corruzione e generare nuove visioni e regole morali.
Paradossalmente è ciò che fa la vittima della nostra storia.
Il negro, destinato a seguire il padrone nella tomba, scappa nella foresta e, quando viene preso, lotta per vivere sino allʼultimo: si amputa un braccio per salvarsi dalla ferita di un serpente velenoso, accetta lʼacqua sul punto di morte.
"È che io non voglio morire, disse.
Poi disse di nuovo, è che io non voglio morire, con un tono tranquillo, di lenta e sommessa meraviglia, come se ci fosse qualche cosa che, fino a che le parole non si fossero espresse esse stesse, egli trovava che non avrebbe saputo, o non avrebbe conosciuto la profondità e la dimensione del suo desiderio".
La morte subìta, senza rassegnazione ma con serenità, è la testimonianza di una forza morale, che manca agli altri personaggi del racconto, corrotti dalla società bianca e nel contempo rinchiusi nei riti ancestrali.
"Il Negro era ancora in procinto di muoversi, il suo ginocchio in alto nellʼatto di sollevarsi, la sua testa eretta, come se egli fosse sulla ruota di un mulino.
Le pupille degli occhi avevano una luce selvaggia, fredda come quelle di un cavallo".

Ralph Ellison, il primo grande scrittore afroamericano, ha detto che Faulkner "ha in realtà indagato la natura dellʼuomo.
(...) Faulkner, più della maggior parte degli uomini, era a conoscenza della forza umana così come della debolezza dellʼuomo.
Sapeva che comprendere e superare la paura era una larga parte della ragione di uno scrittore per esserci." La narrazione di Faulkner è impregnata di forte tensione etica, di una ricerca disperata della bontà dellʼuomo, di ciò che cʼè di più profondo nellʼessere umano.
Persegue questo scopo nel suo mondo, il Sud degli Stati Uniti, laddove tutto sembra in realtà immobile e violento; ma ciò che narra riguarda tutti noi; e citando ancora Ungaretti si potrebbe dire: "Cerco un paese innocente".
Al centro della sua scrittura è la parola, e non la trama né i personaggi; ed è proprio in questo il suo limite, almeno nei racconti: è difficile da comprendere, va letto troppe volte per capire i troppi significati, ci vuole troppa immaginazione per interpretarlo.

Perché non leggerlo ? È di difficile interpretazione e di fatto noioso.

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