Tra i migliori che ho letto!
ma non lo rileggerei

Grande Sertao

scritto da Guimares Rosa Joao
  • Pubblicato nel 1963
  • Edito da Feltrinelli
  • 496 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 10 giugno 2023

Sertao è una vasta regione del Nord Est del Brasile: è un insieme di bassi piani caratterizzato da brevi e intense piogge che danno origine a periodi di siccità e di alluvioni, rovinando i raccolti e portando carestie tra la popolazione, estremamente povera e da sempre sfruttata dai latifondisti. Alla fine dell'Ottocento si sviluppò un esteso banditismo, che fondeva ribellione, brigantaggio e confuse richieste sociali. In quest' ambiente, dove "il criminale vive come gli piace", Guimares Rosa ha composto un poema epico, una sorta di Iliade, con i suoi eroi e le sue battaglie (si veda la recensione dell'Iliade in questo sito). Inoltre, l'autore ha raccontato un'infelice e incantevole storia d'amore, una apparentemente impossibile straordinaria passione, che ricorda quella per la Pisana nelle "Confessioni di un italiano" di Ippolito Nievo (vedi recensione in questo sito). Riobaldo è il figlio di un ricco proprietario terriero; potrebbe vivere nell'agiatezza e sposare una ricca e bella ragazza della sua classe sociale, ma ha preferito andare a combattere con i ribelli: "il Sertao mi ha prodotto, poi mi ha inghiottito, poi mi ha sputato fuori dal caldo della bocca". Tra i ribelli ha conosciuto uno splendido e delicato ragazzo, di cui si è innamorato. "Sentii il bisogno di porre le dita, leggere, molto leggere su quei suoi teneri occhi. (...) Tesoro, fosse giorno chiaro, e potessi vedere il colore dei tuoi occhi...; così dissi, perduto in una dimenticanza, come se stessi soltanto pensando, quasi dicessi un verso. Diadorim fece un passo indietro, spaventato. (...) E rise cattivo." Non siamo nell'antica Grecia dove sono normali le relazioni omosessuali e Achille poteva amare Patroclo, qui, nel Sertao, Riobaldo e Diadorim possono essere solo amici e gli approcci di Riobaldo un mero "scherzo di dileggio". Diadorim è il figlio del più importante capo banda, il quale é ucciso da un rivale, crudele e sanguinario, "l'uomo senza faccia", forse il Diavolo. Comincia la vendetta. Alcuni gruppi sotto il comando di Riobaldo inseguono i nemici, con continui scontri, tra grandi fiumi, paludi e boscaglie, splendidi animali selvaggi, poveri contadini e ricchi latifondisti, rubando, violentando donne e saccheggiando, morendo di malattie e in combattimento. Il grande Sertao cambia profondamente Riobaldo: da un riflessivo e insicuro giovane diviene un capo senza pietà, abile e determinato. Con la sua sensibilità femminea Diadorim lo rimprovera dolcemente: "quello che sta cambiando, in te, è compito dell'anima, non dovere del comando". Riobaldo ha fatto un patto con il Diavolo? Certo, ha cercato un accordo in una notte di tempesta ma il Diavolo non apparve. Finalmente, veniamo all'ultima e definitiva battaglia. Diadorim uccide "l'uomo senza faccia", vendicando il padre, ma lui stesso muore combattendo. E quando le pie donne lavano il corpo, come era uso nell'Iliade, scoprono che Diadorim è una ragazza! "Lei era, tale che così si disincantava, in un incanto così terribile. (...) Ululai. (...) Diadorim era una donna, era una donna come il sole non accende l'acqua del fiume Urucuia, come io singhiozzai la mia disperazione".

Il romanzo non é solo una storia d'amore. Ci sono almeno altri due filoni narrativi. Innanzitutto, Guirames Rosa ci racconta del mondo scomparso dei "jacunços" e del loro ambiente naturale e sociale: uomini duri il cui destino è già segnato dalla nascita e che sanno che saranno sconfitti, ma continuano a vivere nel Grande Sertao, cantando le loro canzoni: "vita è sorte assai rischiosa/nel dover della lealtà:/ogni notte è fiume a valle, /ogni giorno è oscurità..." Un altro tema è quello metafisico: esiste il Diavolo e dov'è Dio? Se alla fine del romanzo non riusciamo a dare una risposta alla prima domanda, invece comprendiamo molto bene che Dio, se esiste, è come il Grande Sertao, pervasivo ma molto lontano, indifferente a ciò che accade agli esseri umani.

Come dice il traduttore, il mondo narrativo e lirico di Guimares Rosa "fonde terminologia, strutture e flessioni regionali con le più ardite innovazioni e la tipicità del mondo naturale e umano da cui prende le mosse. Forse, si perde molto con la traduzione, ma rimane comunque il senso magico del racconto, che porta il lettore in una sognante e affascinante storia. Riobaldo, alla fine della sua vita, narra il suo Sertao ad una persona non identificata, indicata soltanto con "Vossignoria"; in questo modo Guimares Rosa dà movimento al romanzo, alternando brevi frasi colloquiali con descrizioni dettagliate e intense, fondendo realtà e immaginazione. E' un peccato che Feltrinelli abbia rovinato questo capolavoro usando un carattere minuscolo, faticoso da leggere: forse per risparmiare la carta e l'inchiostro!

Perché leggerlo? Faticoso ma splendido.

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