Sconsiglio vivamente
e non lo rileggerei

La treccia della nonna

scritto da Bronsky Alina
  • Pubblicato nel 2019
  • Edito da Keller Editore
  • 210 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 11 aprile 2022
Il tema di questo romanzo é affine a quello di Domenico Starnone in "Vita mortale e immortale della bambina di Milano", recensito recentemente in questo sito. Come il racconto dello scrittore napoletano verte sulla figura della "nonna serva" e del suo amore, poi tradito, per il nipote, anche qui è una nonna al centro della narrazione: una nonna pronta a mettersi al servizio del piccolo orfano: fragile, malaticcio, un po' tonto, e per questo una palla al piede. "Quando arrivammo in Germania, per prima cosa la nonna mi portò dal pediatra. In realtà, mi spiegò per strada, era quello il vero motivo per cui eravamo emigrati: farmi finalmente curare da un medico come si deve, che magari potesse darci la speranza (...) che un giorno avrei raggiunto l'età adulta". Il nipote si adagia sotto l'ala materna della nonna, con la quale instaura una relazione d'amore, densa di un inconfessabile erotismo. Ed è per questo che è il piccolo, ancora bambino, ad accorgersi per primo che il nonno, il "bell'asiatico", si è innamorato di un'altra donna. Il romanzo inizia con questa scoperta. "Per me era già un vecchio bacucco (...) e il suo nuovo, tenero segreto mi travolse con un'ondata di ammirazione mista a gongolamento", cosi si esprime il ragazzo, narratore e protagonista insieme al personaggio della nonna. Se il racconto avesse indagato la relazione complessa e forse incestuosa tra una madre sovrabbondante (autoritaria, invadente e sovrastante) e una personalità che per crescere non poteva che emanciparsi, il romanzo sarebbe stato senza dubbio intrigante e da leggere. Invece l'autrice si concentra sul personaggio della nonna sino a renderla una figura caricaturale. Rinchiusa nel suo ruolo matriarcale, una volta che si accorge del tradimento del marito, la donna non si adira, non lo caccia né pare soffrirne: al "bell'asiatico" è permesso tutto, è nella sua natura. Va oltre. Si fa carico del bambino nato dalla relazione dell'uomo con una giovane donna, accoglie quest'ultima, caduta in una grave depressione; apre una scuola di ballo e assume la gestione della ditta del marito alla morte di quest'ultimo. E' troppo per essere verosimile. Dinanzi a tanta ridondanza l'emancipazione del nipote assume la forma del tradimento. Il ragazzo taglia la meravigliosa treccia della nonna. "Avvolgila nel giornale. Portala come ricordo. Tra poco te ne andrai. Fiuto i traditori a un chilometro di distanza controvento.(...) Avvicinò la faccia alla mia, tanto che distinsi il mio riflesso sulle sue pupille. Lo vedo, ripeté con veemenza e mi spinse via".

Nonostante sia scritto bene, scorra fluido e leggero, delizioso e arguto (si pensi alla vergogna del nipote per la presenza della nonna a scuola), il romanzo è insignificante. L'autrice, per esempio, non approfondisce il tema della lingua: la nonna che continua a parlare russo nonostante viva in Germania, e il nipote che si emancipa anche tramite l'acquisizione del tedesco; tema identitario affascinante trattato da Starnone nel romanzo già citato, e da altri autori: vengono in mente "The Namesake" di Lahiri Jhumpa e lo splendido "We Need New Names" di Bulawayo Noviolet (due libri recensiti in questo sito). Al contrario, le implicazioni sociali, politiche e antropologiche della lingua sono sviluppate in questo romanzo in modo superficiale e banale.

Perché non leggerlo? Insignificante.

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