Elena prosegue il racconto dellʼ amicizia con Lila.
Il primo libro, "Lʼamica geniale", era terminato con il matrimonio di Lila con Stefano, il ricco salumiere.
"Volevo tornare a sprofondare nel rione, essere comʼero stata.
Volevo buttar via lo studio, i quaderni zeppi di esercizi.
(...) Ciò che potevo diventare fuori dallʼombra di Lila non contava niente.
Cosʼero al confronto con lei in abito da sposa, con lei nella decapottabile, il cappellino blu e il tailleur pastello ?" Questa riflessione di Elena non interrompe un percorso che conduce le due ragazze ad allontanarsi e continuamente a cercarsi.
Che cosʼè per Elena la vita senza Lila ? "Il tempo si acquieta e i fatti salienti scivolano lungo il filo degli anni come valigie sul nastro di un aeroporto; li prendi, li metti sulla pagina ed è fatta.
(...) Con lei non volevo avere rapporti veri, solo ciao, frasi generiche.
(...) Da un lato dicevo basta, dallʼaltro mi deprimevo allʼidea di non essere parte della sua vita, del suo modo dʼinventarsela".
Elena continua a studiare, supera brillantemente la maturità classica, va alla Normale di Pisa, si laurea, scrive un romanzo, diviene una scrittrice.
Tutta questa cultura non è altro che una maschera: "imparai a controllare la voce e i gesti.(...) Misi il più possibile sotto controllo lʼaccento napoletano.
(...) A scuola avevo imparato a far credere che sapessi moltissimo".
E soprattutto Elena si trovò "sterilizzata dallo studio", mettendo sotto controllo anche i sentimenti, le angosce, le stesse audacie.
Alla ricerca del "travestimento migliore", leggendo alcuni quaderni di Lila si accorge che "la maschera portata così bene (...) era quasi faccia.
Allʼimprovviso mi resi conto di quel quasi".
(...) Dietro il quasi mi sembrò di vedere come stavano le cose.
Avevo paura".
Sotto lʼapparente conquista della libertà si cela per Elena la perdita di una vita autentica.
Per Lila, invece, le infelici vicende coniugali e sentimentali conducono ad "una vita piena di avventure diverse e scriteriate", ad una effettiva conquista della sua autonomia come persona e donna.
Lila avverte subito come il matrimonio sia stato uno sbaglio: Stefano si rivela un uomo insensibile, volgare ed anche violento.
La ragazza cerca disperatamente di ribellarsi e poi di accettare la vita coniugale, anche se così falsa e priva di amore.
Durante una vacanza estiva incontra Nino, il giovane intellettuale, del quale è invaghita anche Elena.
Se per questʼultima lʼamore per il giovane è ancora una storia adolescenziale, per Lila è una relazione travolgente, nella quale lʼattrazione fisica si intreccia con il desiderio di elevarsi culturalmente.
Resta incinta, viene abbandonata da Nino e fa la follia, per il rione, di scappare, di andare a vivere da sola con il bambino, di lavorare, lei un tempo ricca e viziata, come operaia in un salumificio.
Elena va a far visita allʼamica in fabbrica, vede il lurido ambiente di lavoro, è disgustata "dal puzzo di grasso che (lʼamica) si portava addosso".
Vorrebbe parlarle del suo successo e invece viene a sapere che alla sera, dopo aver messo a dormire il bambino, Lila studia i linguaggi di programmazione: "facevano esercizi coi diagrammi a blocchi, si allenavano a ripulire il mondo dal superfluo, schematizzavano le azioni dʼogni giorno secondo due soli valori: zero e uno.
Parole oscure nella stanza miserabile, sussurrate per non svegliare Rinuccio.
Capii che ero arrivata fin là piena di superbia (...) ma lei (...) stava reagendo spiegandomi di fatto che non avevo vinto niente, che al mondo non cʼera alcunché da vincere, (...) e che il tempo semplicemente scivolava via senza alcun senso, ed era bello solo vedersi ogni tanto per sentire il suono folle del cervello dellʼuna echeggiare dentro il suono folle del cervello dellʼaltra".
Lʼelevazione culturale di Elena, il suo italiano colto ed artefatto che sopprime il disonorevole dialetto dellʼinfanzia, i suoi amici istruiti e sofisticati sono una sorta di solvente che distilla il racconto; scompaiono gradualmente ma decisamente lʼambiente napoletano, la vivacità del rione, lʼautenticità della vita.
È una perdita secca per la narrazione, tanto più che lʼautrice si prolunga, per circa 100 pagine, in un racconto minuzioso e prolisso delle vacanze estive delle due ragazze e della storia dellʼinnamoramento per Nino.
È una regressione adolescenziale, non riscattata dallʼultima parte del libro: lʼintegrazione di Elena nella vita universitaria di Pisa e più in generale nella buona borghesia, la lotta di Lila per vivere compiutamente il suo amore per Nino, la rassegnazione e poi la fuga di Lila, ed infine le intense pagine finali.
La scrittura, elegante, fluida, perfetta, sorregge lʼintera narrazione, troppo spesso prolissa e ridondante.
Dà spessore ed originalità la sottointesa ma possente critica allʼistruzione scolastica, luogo di normalizzazione e di mascheramento.
Perché leggerlo ? Le due protagoniste avvincono, lo stile narrativo assolve una trama lenta e talvolta fiacca.