Gradimento Medio-basso
e non lo rileggerei

Storia di chi fugge e di chi resta

scritto da Ferrante Elena
  • Pubblicato nel 2013
  • Edito da Edizioni e/o
  • 382 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 28 aprile 2015

"Diventare.
Era un verbo che mi aveva sempre ossessionata (...).
Io volevo diventare, anche se non avevo saputo cosa.
Ed ero diventata, questo era certo, ma senza un oggetto, senza una vera passione, senza unʼambizione determinata.
Ero voluto diventare qualcosa, ecco il punto, solo perché temevo che Lila diventasse chissà chi e io restassi indietro.
Il mio diventare era diventare dentro la sua scia.
Dovevo ricominciare a diventare, ma per me, da adulta, fuori di lei".
Questa lunga citazione racchiude il senso di questo terzo volume della storia di una amicizia, quella tra Elena e Lila.
La prima ha raggiunto "una terra di buone ragioni, governata da regole (...) che assegnavano senso a ogni cosa": già scrittrice di successo, sposata ad un giovane e brillante professore, "guidato sempre da un ordine superiore che, pur non avendo unʼorigine divina ma familiare, gli dava ugualmente la certezza di essere dalla parte della verità e della giustizia." Ma sotto una patina di traguardi borghesi, anche se di sinistra, si nasconde in Elena una profonda ed intima insoddisfazione.
Le visite al rione sono sempre accolte da deferenza ed ammirazione, anche se mescolate ad unʼacredine invidiosa per chi ha abbandonato i propri luoghi di origine: ma come fare a spiegare il costo di questa incredibile arrampicata sociale, che "dallʼetà di sei anni sono schiava di lettere e numeri, che il mio umore dipende dalla buona riuscita delle loro combinazioni, che questa gioia di aver fatto bene è rara, instabile, che dura unʼora, un pomeriggio, una notte ?" Per buona parte il romanzo segue un percorso scontato, con Elena donna giudiziosa e sicura e Lila nel suo ruolo di amica tormentata e disgraziata.
Il lungo racconto delle disavventure dellʼ"amica geniale" (Lila), la sua malattia, senza dubbio di origine psichica, e lʼintervento risolutore di Elena paiono confermare i ruoli scontati tra le due amiche.
E il lettore si aspetta nuovi trionfi letterari di Elena, una vita intensa dal punto di vista intellettuale e politico, il perseguimento della scalata sociale: niente di tutto questo.
Lentamente, ma inesorabilmente, Elena si rinchiude in una opaca vita borghese.
Mamma di due bambine, le pareva che le incombenze di ogni giorno testimoniassero la sua maturità di donna, "che diventare come le mamme del rione non fosse una minaccia ma lʼordine delle cose.
Va bene così.
mi dicevo".
Che al di sotto della quieta vita familiare ci sia un sottile malessere lo dimostrano non tanto gli aridi rapporti coniugali, accettati con rassegnazione, quanto la perdita di quella autenticità che aveva sorretto Elena come giovane scrittrice.
E spetta ancora a Lila dirle la verità, come è sempre accaduto.
Dopo aver letto il secondo libro dellʼamica, Lila le rovescia in faccia la sua rabbia: "non farmi leggere più niente, (...) la faccia schifosa delle cose non bastava a scrivere un romanzo: senza fantasia non pareva una faccia vera, ma una maschera".
Ed è appunto questo giudizio, inesorabile e crudele, con la quale Lila afferma la sua "potenza ineguagliabile", a spingere Elena ad un gesto dirompente.
Incontra Nino, lʼuomo vagheggiato nellʼ adolescenza e portatole via dallʼamica, ha con lui una relazione extra coniugale che sfocia in una fuga dalla famiglia.
Alla notizia Lila "cominciò a strillare.
(...) Perché hai studiato tanto ? A che cazzo è servito immaginarmi che ti saresti goduta una vita bellissima anche per me ? Ho sbagliato, sei una cretina".
Ma non era Nino lʼuomo che aveva portato Lila vicino allʼautoannientamento ? Ma allora, si chiede Elena, dopo una intensa giornata dʼamore con lʼamante, "stavamo non facendo, ma rifacendo".

Si potrebbe dire frettolosamente che il giudizio di Lila per il libro di Elena valga anche per questo terzo volume.
Il racconto ha perso di energia, si dilunga inutile sui luoghi comuni degli anniʼ 60, su facili considerazioni sulla condizione femminile e su approfondimenti psicologici, fragili e scontati.
La figura di Lila finisce sullo sfondo e, di conseguenza, il romanzo perde di originalità; Elena appare come una borghesuccia inconcludente ed annoiata; gli altri protagonisti sono vacue figure, cominciando da quella di Nino, amante capriccioso e irresponsabile, per il quale la storia dʼamore con Elena è una "ripetizione", come riconosce la stessa Elena.
Lʼunica scena veramente interessante del libro è quella ambientata in un salotto di Posillipo: i Solara, boss del rione, si sono arricchiti e festeggiano i sessantʼanni della madre nel loro lussuoso appartamento.
La napoletanità ritorna a dare vitalità alla narrazione, riportando tutti i protagonisti alla vita del rione.
Infine la mancanza di energia si riflette nella scrittura, sempre fluida ma stanca e prosaica.

Perché leggerlo ? Per vedere come finisce.

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