Asako lavora presso una ditta che si occupa di cerimonie nuziali. La malattia del padre la costringe a lasciare un lavoro ben retribuito per dedicarsi al negozio di kimoni della famiglia. "Con il kimono lei aveva una grande familiarità sin da piccola, ma al giorno d'oggi quasi nessuno li porta, se non nelle cerimonie più importanti. Un folclore anacronistico, destinato in ogni caso alla decadenza, un lusso permesso solo a signore ricche e sfaccendate; uno strumento per darsi delle arie: ecco cosa le sembravano". La nonna fa vedere alla nipote la collezione di antichi kimoni, fino allora nascosta in numerosi cassettoni. Con il suo spirito imprenditoriale, Asako decide di aprire un altro negozio, specializzato in kimoni di antiquariato, vere e proprie rarità. Il romanzo si annuncia interessante; quando, senza alcuna apparente connessione con il titolo, la storia scivola in un racconto d'intrecci amorosi, i classici tradimenti di coppie stanche e monotone. Asako conosce il bel Masataka, agente immobiliare di successo, che la mette in contatto con famiglie pronte a liberarsi delle vecchie collezioni di kimono. Entrano in scena anche i rispettivi coniugi: il marito di Asako, apatico e ormai indifferente al sesso, e la moglie di Masataka, la quale soffre ancora degli abusi subiti nell'infanzia da parte di uno zio. I quattro intrecciano reciproche "storie d'amore", all'insaputa dei rispettivi coniugi: relazioni che scatenano sogni sadomasochistici sino allora repressi. Si smarriscono i kimoni, soppiantati da scene al limite della pornografia e da lunghi e inutili dialoghi. I protagonisti raggiungono la soddisfazione sessuale, Il lettore scivola nella noia, decidendo di abbandonare la lettura.
La questione è la seguente: cosa c'entra il kimono con scene di sesso e una banale storia di tradimenti e matrimoni stanchi? Si può presumere che l'autrice abbia voluto dire come le rigide e formali tradizioni non abbiano mai realmente plasmato la società giapponese; sotto l'apparente attenzione alle regole e al dettaglio si scatenano pulsioni erotiche, tanto più irrefrenabili quanto più represse. "La stanza del kimono" è un'inutile crudele prigione, una gabbia facilmente travolta alla prima occasione, dalla quale non si riesce a liberarsi fino in fondo, si può soltanto capire meglio se stessi e chi ci circonda (si legga l'epilogo).
Questo brutto romanzo è appesantito dal ricorso a un espediente letterario spesso troppo usato dagli scrittori. Ogni capitolo descrive le vicende e i sentimenti dal punto di vista di ciascuno dei protagonisti. Come succede spesso, il racconto é ripetitivo e prolisso, perdendosi l'unitarietà complessiva.
Perché non leggerlo? Insulso.