Gradimento Medio
e non lo rileggerei

L'impostore

scritto da Cercas Javier
  • Pubblicato nel 2014
  • Edito da Guanda
  • 406 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 08 ottobre 2024
Dal 1975 al 2005 la Spagna è stata ingannata da un grande impostore. Eric Marco, un oscuro titolare di un'autofficina, s'inventò di essere un antifranchista e di essere stato deportato per questo nel campo di concentramento di Flossemburg, insieme con altri ottomila repubblicani spagnoli inviati in Germania a morire nei campi di sterminio. Facendo leva sull'aureola che gli veniva dal suo falso passato, Marco fu prima segretario generale della Confederazione Generale del Lavoro, e poi presidente degli Amici di Mauthausen. Per merito di un oscuro storico l'enorme bugia di Marco fu scoperta pochi giorni prima che parlasse in una cerimonia a Mauthausen dinanzi al presidente del governo spagnolo. Vargas Llosa ha definito Marco "spaventoso e geniale". Quando per la prima volta Cercas incontra l'uomo, non può fare a meno di urlare <<un orrore! Un autentico orrore!>>. A trattenerlo a scrivere un libro su di lui, non era solo le infamie commesse da Marco, dal dolore inflitto agli altri deportati e ai loro parenti sino ai tanti giovani che lo avevano ascoltato, affascinati e trepidanti; Cercas temeva di lasciarsi invischiare nei tentacoli del sublime bugiardo, si chiedeva se era disposto <<a scrivere un libro su Enric Marco senza scendere a patti con il diavolo. (...) perché non tentare di salvare il grande impostore e il grande maledetto, quella grandissima canaglia che è già più che condannato?>>. Chi ha letto "Soldati di Salamina" (si veda la recensione in questo sito) sa che Cercas gioca un po' su queste sue resistenze a scavare la "verità". Anche in questo caso Cercas supera gli scrupoli morali, dimentica facilmente ciò che diceva Primo Levi, ossia che capire è già giustificare; s'inoltra con l'usuale impegno da giornalista d'inchiesta a ricostruire le torbide vicende e i subdoli inganni che hanno condotto Marco a dominare la scena nazionale negli anni del post franchismo. Lasciamo al lettore entrare nei dettagli di una vicenda ingarbugliata che attraversa la storia recente della Spagna. Diciamo solo che Cercas individua la fonte del successo di Marco in una mescolanza di piccole verità, fatti storici, fascino personale e menzogne spudorate. E' vero! Marco è stato veramente un infame; ma come fu Limonov per Carrère e  Don Chisciotte per Don Alonso Quijano (si vedano le recensioni dei due libri in questo sito), Marco <<si diede (,,,) una nuova identità e una nuova vita eroica, (...) ormai oltrepassato il culmine della vita, vuole continuare a vivere quando ormai non gli tocca vivere, o meglio che vuole vivere ancora, contro tutto e tutti, tutto ciò che non ha vissuto fino ad allora>>. Non è come uno scrittore cui è permesso mentire per raccontare la verità?  Povero Cercas! Non sa che questa indulgenza verso la bugia è una falla in cui s'inserirà Marco in modo spietato, ricordando come il personaggio finale dei Soldati di Salamina, l'oscuro eroe soldato, fosse una finzione dello scrittore; finzione con la quale Cercas ha ingannato tanti lettori che, dopo aver letto il romanzo, hanno scritto alla casa di riposo di Digione, dove lo scrittore aveva raccontato vivesse l'oscuro eroe. E quindi anche Cercas è un impostore: <<lei è un commediante e un bugiardo, che ha tutti i miei difetti e nessuna delle mie virtù, e che io sono il suo riflesso in un sogno, o in uno specchio. (...) Questa è la verità, Javier. La verità è che lei è me>>.

Il punto centrale del romanzo è il colloquio che l'autore dichiara immaginario, una volta tanto. In un lungo dialogo tra Marco e Cercas le certezze del secondo si smontano dinanzi alle serrate argomentazioni dell'impostore, esaltato dal ruolo di inquisitore affidatogli dall'autore spagnolo. Le uniche pagine espressamente di fantasia paiono capovolgere l'intera narrazione. Dov'è il confine tra invenzione e verità nella memoria storica? E perché le menzogne non possono essere accettate se rivolte a far conoscere le pagine buie della storia, creando coscienze consapevoli? Ma in questo modo, come nei Fratelli Karamazov, a noi non tocca che inchinarci al mistero del passato, sperando che sia un mistero giusto e buono? (si veda la recensione dei Fratelli Karamazov in questo sito).

Il pregio fondamentale del romanzo è proprio la vicenda di Marco, la quale si racconta da sé, tanto è incredibile. Cercas aggiunge una trama dispersiva e prolissa, che spesso si involve in sé stessa, ricca di digressioni che rendono pesante la lettura. A compensare le circonvoluzioni della narrazione è il solito periodare fluido e chiaro dell'autore: stile che sa un po' troppo di giornalismo.

Perché leggerlo? E' interessante la storia.

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