Per Giuseppe Ungaretti c'è in noi un mistero, inconoscibile e indicibile, e lo scopo della poesia non è svelarlo ma permetterci di trovare un equilibrio, come dice il protagonista di questo racconto, Momokushi, <<fra ciò che si mostra al mondo e ciò che si tiene nascosto; fra ciò che è apparente e ciò che è intimo e reale >>. Misurarsi con questo mistero è in fondo ciò che perseguono tutti gli artisti; se per alcuni, come Javier Marias, significa inoltrarsi dentro il labirinto delle relazioni contemporanee, come in "Domani nella battaglia pensa a me" (si veda la recensione in questo sito), Linda Lercari ha preferito indagare i segreti dell'animo in un ambiente a lei caro e conosciuto: il Giappone medievale. Siamo alla fine dell'era Kamakura nel 1330; dopo il tentativo dei mongoli di invadere il Giappone, il paese è travagliato da continue guerre fra i diversi feudatari. Momokushi è un potente castellano e guerriero, che ha al suo servizio numerosi samurai. Il racconto prende le mosse dalla morte in battaglia di Haka, il samurai a lui più vicino per coraggio, valore in combattimento e fedeltà. In punto di morte Haka gli confessa qualcosa, che mette in subbuglio Momokushi. Abilmente la scrittrice non ci svela cosa gli abbia detto l'amico: e un segreto che Momokushi, e noi con lui, dobbiamo scoprire lentamente. Ha inizio una sorta di romanzo "giallo" in un ambiente per noi fiabesco, ma reso verosimile da dettagli concreti, che rivelano la profonda conoscenza di Lercari del Giappone medievale. Momokushi si reca dalla concubina di Haka per chiederle se sa qualcosa e gli viene dato un bauletto, che contiene oggetti dell'amico. In esso trova una poesia dalle parole evocative ma oscure (<<mille stagioni/inverno dell'anima, /il cuore muore>>. Scopre una "tusba", una piccola placca metallica a difesa della mano, che capisce che gli apparteneva per la decorazione di una libellula: sconcertato, nota pure che è stata aggiunto il disegno di una carpa, sicuramente per iniziativa dell'amico. Nella cultura giapponese la carpa è simbolo della libertà di seguire la propria via e della forza di superare le avversità. Insieme con gli indizi materiali riaffiorano alla mente di Momokushi ricordi disordinati della vita insieme a Haka, in particolare un episodio: i due amici si erano allontanati dagli altri samurai quando Haka <<improvvisamente gli afferrò una mano e se la portò al cuore. Il volto rosso scarlatto, più rosso dei fiori di ciliegio illuminati dalle lanterne>>. Nel ricordo <<un lieve senso di colpa attraversò Momokushi. Se fosse stato più attento, forse avrebbe potuto indovinare quale malessere corrodesse l'anima dell'amico, ma temeva di conoscere la risposta e per questo era sempre stato schivo>>. Saranno i fiori di mandorlo decorati sulla spada dell'amico a svelargli il segreto della loro vita insieme e le parole pronunziate da Haka in punto di morte. E' troppo tardi! Come nel finale di "Grande Sertao" di Joao Rosa Guimares (si veda recensione in questo sito) non resta che il senso doloroso della perdita per ciò che non è stato. <<Su questo prato/fra alberi antichi/un sorso di vino,/ un canto, un cuscino,/niente rumori/di fuoco e tempesta,/nessuna minaccia,/illusione di festa>>.
Il racconto ha il passo lento del poema in prosa. Si percepisce una dolcezza malinconica, con un'alternanza di momenti guerrieri, di descrizioni suggestive della natura e dell' ambiente dei samurai, insieme con i mormorii per un'amicizia così intensa, quale quella tra Momokushi e Haka. Solitario si staglia il castellano Momokushi: è lui il protagonista orgoglioso e sofferente. Ha sconvolto il palazzo adottando Haka bambino, ha coltivato l'intimità con l'amico contro le maldicenze, ha sopportato il lutto, prendendo lentamente coscienza di ciò che era nascosto dietro la relazione con l'amico, solo apparentemente simile a quella tra guerrieri. Se i particolari sono ricchi di suggestioni la trama è spesso ridondante, i frequenti "flash back" confondono e appesantiscono il flusso narrativo a scapito del ritmo. Una maggiore essenzialità avrebbe senza dubbio giovato al romanzo.
La scrittura è elegante e piacevole: si nota una notevole maestria nelle descrizioni della natura e della società giapponese. L'attenzione al dettaglio dà verosimiglianza all'intero racconto, evitando di scivolare nelle banalità ricorrenti sul Giappone. Forse, sarebbe stato utile un maggiore approfondimento della figura di Haka, e delle sue scelte di vita.
Perché leggerlo? Interessante la storia, ben descritti gli ambienti.