Sconsiglio vivamente
e non lo rileggerei

Gotico Americano

scritto da Farinelli Arianna
  • Pubblicato nel 2020
  • Edito da Bompiani
  • 272 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 02 agosto 2020
Il romanzo è ambientato a New York e racconta la vita di Bruna, un' italiana, docente in scienze politiche, trapiantata negli Stati Uniti per seguire il marito Tom, medico italo americano. Con due figli, Minerva e Mario, si innamora di un suo studente afroamericano, Yunus, che andrà poi a combattere con l'Isis e morirà nella difesa di Mosul. Già così ci sarebbero tanti temi, ma l'autrice ci mette molto altro: il declino dell'America, le lacerazioni razziali e sociali, l'integrazione di diverse culture, il terrorismo e l'islamofobia. Nelle note alla fine del libro Farinelli cerca di dare un filone interpretativo unitario e lo propone nell'identità e nelle sue diverse facce: religiosa, politica, di classe, di orientamento sessuale, di conflitto generazionale. "Io credo che al di là dei confini nazionali e delle differenze etniche, culturali e religiose che ci contraddistinguono e spesso separano, siamo anzitutto cittadini del mondo e mi auguro un giorno anche cittadini della stessa democrazia cosmopolita". E brava la professoressa! Ma dov'è Bruna? Nonostante tutto, il romanzo non è un saggio politico, è il racconto della vita della protagonista. Ed allora partiamo da Bruna. La narrazione prende avvio dalla fine: Bruna ha appena saputo che il suo amante studente è un combattente dell'Isis; è il giorno della vittoria di Trump; per addormentarlo Bruna ha raccontato al piccolo Mario un episodio del Corano, laddove Yunus fu scaraventato nel ventre della balena e salvato da Dio perché era un uomo giusto. Perché Dio non salva ogni uomo, come cantavano gli schiavi neri d'America? Dovrebbe rispondere al figlio ma "le parole le soffocano in gola. (...) Con il pugno continua a stringere il lembo di seta nera come se tentasse di schiacciare quell'oscurità. Mario allora le prende il viso tra le mani e dolcemente le accarezza le guance, lì dove le lacrime hanno cominciato a scendere scavando dei rivoli chiari sul trucco pesante...(...) Ho mentito a tutti". La sua vita è in frantumi; convinta di potercela fare da sola, si è scontrata con la famiglia italo americana di Tom, combattendo i loro pregiudizi e la loro invadenza, poteva essere più conciliante e remissiva; ha cercato di rendere Tom un uomo forte e autonomo non accettando la sua natura di eterno bambino; non è stata ambiziosa e competitiva rinunciando alla carriera universitaria; e poi è arrivato Yunus e se n'è andato, poteva dirgli che era rimasta incinta, ma "il silenzio aveva inghiottito tutte le parole, forse perché nessuna delle cose che avrebbero voluto dirsi aveva la forza di cambiare il corso della loro vita. (...) Possiamo levigare la superficie, addolcire le asperità, riempire qualche crepa ma cambiare no, neppure per amore". Eppure, c'è un ancoraggio in questa desolata  rassegnazione. Minerva "infila le mani fredde sotto la camicia da notte della madre. Le appoggia sulla sua pancia calda, come per sentire. (...) Non ti preoccupare di nulla, ti aiuterò io". E il fragile Mario, diventato Maria, "l'aveva abbracciata e poi aveva messo la testa sulle sue gambe con la faccia schiacciata contro il suo grembo". Cara professoressa cosmopolita, dopo tutto è il nostro italico familismo che ci salva!

Il romanzo è un'occasione mancata. Il grande tema dell'amore resta sullo sfondo. Intravediamo come sia difficile amare quando tanti idealismi ci sommergono e restiamo sospesi, insoddisfatti, incapaci di chiarire le relazioni con le persone della nostra vita. Travolta dagli avvenimenti e dalle novità Bruna avrebbe potuto approfondire le ragioni dei suoi presunti fallimenti e forse scoprire che aveva conquistato una migliore conoscenza di sé stessa, di ciò che era e che avrebbe voluto essere. Mossa da alte finalità politiche l'autrice non ha approfondito ciò che veramente contava nel racconto e che lo avrebbe reso interessante. E la vita di Bruna scivola così come sassolini in un pendio; come dice il poeta, "nulla mutaron nella vostra vita/gli anni che sguscian facili nell'ombra/quando una teda basta alla penombra/e la discesa è quasi una salita". (Marino Moretti "La Madonna del Sassoferrato" da Poesie Scritte col lapis, 1919).

A pregiudicare il racconto sono pure la scrittura e lo stile narrativo. La prima si sviluppa incerta; dapprima caratterizzata da periodi brevi con un ampio ricorso alla punteggiatura, in seguito maggiormente ariosa, però sempre banale, scialba e scolastica. Il ritmo narrativo è lento, con lunghe prolusioni ideologiche e una ripetizione frequente di poche azioni, non sufficienti a dare dinamicità e suspense al romanzo. La descrizione dei personaggi è fragile: anch'essi non hanno un'evoluzione nel corso del libro, tutto è scontato e già detto.

Perché non leggerlo? Prolisso e inutile.

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