Gradimento Medio
e non lo rileggerei

L'uomo dell'istante

scritto da Dalager Stig
  • Pubblicato nel 2013
  • Edito da Iperborea
  • 398 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 11 giugno 2016

"La mia malattia è mortale e la morte è necessaria alla causa cui da tempo dedico tutte le risorse spirituali, per il quale io solo potevo combattere e io solo sono stato designato".
Dalager immagina che con questa frase Soren Kierkegaard sintetizzi la diagnosi del suo male, e il suo destino, nel momento in cui si fa ricoverare in ospedale a Copenaghen, nel 1855.
È un uomo finito: solo, ridotto in miseria, disprezzato e deriso dai concittadini, perseguitato dalla chiesa luterana, che lo considera un pazzo ed un eretico.
Nella sua breve vita, era nato nel 1813, Kierkegaard ha prodotto una mole enorme di scritti, i quali ruotano intorno ad un concetto rivoluzionario, per allora e pure per oggi: lʼessenza dellʼuomo sta nella scelta e nellʼ "ardore di libertà" che la sottintende.
"Se un uomo potesse mantenersi sempre sul culmine dellʼattimo della scelta, se potesse cessare di essere un uomo, se nel suo essere più profondo fosse solo un aereo pensiero, (...) sarebbe una stoltezza dire che per un uomo può essere troppo tardi per scegliere, perché, nel senso più profondo, non si potrebbe parlare di una scelta".
Tuttavia lʼuomo "corre costantemente in avanti e pone ora in un modo ora nellʼaltro i termini della scelta, sì che la scelta nellʼattimo seguente diventa più difficile, (...) perché quando la scelta si rimanda, la personalità sceglie incoscientemente, e decidono in essa le oscure potenze".
Per evitare di essere trascinati occorre scegliere sé stessi, "come spirito libero (...) nato dal principio fondamentale della contraddizione, nato per il fatto di aver scelto se stesso.
(...) Questo lo preoccupa eppure deve essere così: infatti quando lʼardore della libertà si è risvegliato in lui,(...), egli sceglie se stesso e la lotta per questo possesso come per la propria suprema salvezza, e questa è la sua suprema salvezza".
(Aut - Aut pagine 39, 40 e 93 Ed.
Mondadori 1956).
Non era facile romanzare la vita di un filosofo apparentemente estraneo al suo tempo, quasi fuori della realtà, che si interessa di un altro mondo, la coscienza.
Dalager ci riesce brillantemente perché Kierkegaard è colto in una situazione di estrema debolezza, nei giorni che precedono la morte, quando il coraggio di vivere è ormai solo legato al ricordo, non allʼistante.
"Per lui il ricordo è estremamente giovane, come acqua che scorre serpeggiando attraverso il deserto della vita, racconta sempre la stessa cosa e lenisce le sue pene, (...) ma il suo rammentare non è quello dei vecchi, quello delle cose lontane nel tempo.
Per me (scrive Kierkegaard alla sua amata, Regine) ogni contatto armonico tra lʼidea e la vita si trasfigura istantaneamente nel ricordo.
(...) Nel ricordo (aggiunge Dalager) cʼè qualcosa di lontano che ha perso il bruciore della pena e mantenuto la dolcezza della malinconia".
Ormai moribondo, debole, costretto a subire umiliazioni come tutti i malati terminali, ridotto alla sua fragile natura corporale, con la mente Kierkegaard ripercorre le tappe fondamentali della vita: il padre severo ed autoritario, una madre affettuosa che morirà troppo presto, i tanti fratelli e sorelle che non arriveranno ai trentʼanni; gli studi promettenti ma che già indicano un allievo indipendente e troppo brillante; il fidanzamento con Regine e la decisione di romperlo (lʼepisodio centrale della sua vita e al quale tornerà continuamente con il ricordo); il soggiorno a Berlino, ufficialmente per seguire delle lezioni di filosofia tedesca, ma in realtà per scrivere disperatamente e in solitudine; ed infine lʼultimo periodo di vita, sempre più intriso di spiritualità e di fede, ma sempre più critico verso le autorità ecclesiastiche e la religione ufficiale.
Alle lunghe digressioni biografiche, spesso sostenute da testi delle opere di Kierkegaard, si alternano scorci della vita di ospedale, che ci riportano alla condizione di malato terminale e sofferente.
"Nel buio sente una mano che lo soccorre e lo aiuta a sollevare il suo corpo gracile quel tanto che basta, (...) per un attimo pensa di nuovo di essere prossimo alla morte.
Invece cede ad un sonno profondo che lo conduce in una recondita stanza dellʼanima, simile alla camera della sua infanzia (...) ma diversa, perché lungo le pareti ci sono i letti di tutti i suoi fratelli e le sue sorelle (...) voci e risate si confondono.
finché allʼimprovviso appare la madre che canta loro qualcosa per addormentarli.
(...) Dove stai andando ? gli chiede la madre.
Verso la mia morte.
E già qui, risponde lei, sei nellʼeternità."

Il racconto è scritto molto bene ed è questo il suo pregio fondamentale.
Il suo difetto consiste nella natura spuria dellʼopera: non è una biografia, perché cʼè troppo di romanzato, cominciando dal brillante espediente letterario di Kierkegaard morente; non è una sintesi del pensiero del filosofo danese, anche se spesso Dalager si inoltra nellʼillustrazione dei principali scritti, e ciò rende il racconto prolisso e complesso; non è un romanzo, perché è carente lʼanalisi psicologica del protagonista e i personaggi sono appiattiti nella loro dimensione storica.
In particolare non è approfondito un tema di grande interesse: dalla narrazione emerge come Kierkegaard rimpianga le scelte compiute, in particolare la rottura del fidanzamento con Regine.
Voler scegliere crea angoscia ed è meglio farsi trascinare dagli avvenimenti, ciò è parte del pensiero del filosofo danese.
Ma perché Kierkegaard ha compiuto certe scelte, che poi in qualche modo percepisce come sbagliate per la sua felicità ? Che cosa gli ha impedito di dare concretezza allʼamore per Regine ? Gli era sufficiente fantasticare e scriverne, come fece nel Diario del Seduttore, peraltro senza alcun rispetto per Regine ? Non cʼè in Kierkegaard un narcisistico desiderio di manipolazione e di compiaciuta superiorità che lo rende più simile ad un cinico seduttore che alla nobile figura morale che pretenderebbe di essere ? Sarebbe stato interessante indagare questi aspetti del carattere e della vita di Kierkegaard, perché ne sarebbe risultata una personalità ben più complessa di quella che emerge da questo romanzo.

Perché non leggerlo ? Non è unʼ introduzione a Kierkegaard, è una via di mezzo che lascia insoddisfatti.

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