Gradimento Medio-basso
e non lo rileggerei

La terrazza proibita

scritto da Mernissi Fatema
  • Pubblicato nel 1994
  • Edito da Ed. Giunti
  • 232 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 09 novembre 2012

Come spiega lʼautrice esistono due tipi di harem.
Gli harem imperiali sono quelli più noti a noi occidentali : donne lascive e indolenti, guardate da eunuchi, e sempre pronte a soddisfare i desideri del loro padrone.
Gli harem domestici sono invece famiglie allargate, nelle quali la donna è reclusa allʼinterno di un confine fisico ( generalmente le mura di un palazzo quando si vive in città) o di una barriera virtuale, quando si è campagna, dove la donna può teoricamente uscire ma ne è impedita dalle regole sociali e dalle consuetudini.
In questo romanzo si parla dellʼharem domestico.
Siamo a Fez in Marocco negli anniʼ40, probabilmente durante la seconda guerra mondiale.
Il romanzo narra lʼinfanzia dellʼautrice nella famiglia allargata del padre e dello zio, In alcuni capitoli il racconto si sposta in campagna, nella grande casa del nonno materno,poligamo, a differenza di quanto avviene nella casa paterna, dove ci sono solo coppie monogamiche.
Nel libro si possono individuare tre filoni narrativi.
Il primo, il più accattivante, è la storia di una bambina che diviene adulta.
I racconti recitati, non letti, delle tante donne della casa, la scoperta del grande palazzo, il gusto del proibito, il gioco e la solidarietà tra cugini riempiono di gioia e di meraviglia la vita di Fatema.
Affascinata dalle donne adulte, dalla loro vitalità e dai loro sogni, la bambina desidera la libertà, più per simpatia che per un senso di privazione.
Infatti confessa " la mia infanzia è stata felice perché i confini erano di una chiarezza cristallina".
" Cercare i confini è diventata lʼoccupazione della mia vita ....
mi sembra tutto facile a guardarvi (donne dellʼharem) .....
fragili, voi, nel cuore della notte, sulla terrazza lontana, eppure così piene di vita, nutrici e custodi di meraviglie.
Diventerò una maga.
Cesellerò parole che danno corpo ai sogni, renderanno vane le frontiere".
La meravigliosa infanzia si interrompe a nove anni, quando il cugino Samir, coetaneo e compagno di divertimenti e di monellerie, la pone dinanzi ad una alternativa: giocare con lui o dedicarsi a farsi bella.
Lʼancora bambina Fatema sceglie la seconda strada e rompe lʼamicizia con il cugino.
Il secondo filone narrativo riguarda la condizione della donna, privata della libertà allʼinterno dellʼharem.
Chiusi dentro le mura del palazzo, persino la natura è sostituita da " disegni geometrici e floreali riprodotti sulle mattonelle ...
tutte le finestre davano sul cortile".
Questa privazione fisica diviene un dolore esistenziale, che solo il sogno permette di combattere: " oh, sì, racconterei loro dellʼimpossibile di un mondo arabo nuovo, dove uomini e donne, avvinti in un abbraccio, volano nella danza via, senza più frontiere, tra loro, né paure ...
fiducia è il gioco nuovo da imparare.....
vanno, mettendo un piede avanti allʼaltro con gli occhi fissi al nuovo quasi inimmaginabile orizzonte, ignoto eppure privo di minacce".
Per lʼintellettuale Mernissi lʼharem è stata una realtà vissuta da bambina ma è anche una metafora di tutte le barriere che si vogliono mettere alle potenzialità delle donne, e degli uomini.
Il terzo filone, più che narrativo, è sociologico.
Lʼautrice descrive la vita dellʼharem e con essa i costumi della società marocchina tradizionale.
È una parte molto interessante per noi occidentali.
Emerge infatti una società nord africana e mussulmana per noi ignota: molto ricca culturalmente, tollerante ed aperta alle innovazioni di costumi e di valori.

Si tratta di tre filoni narrativi, dove quello più spontaneo, lʼinfanzia di Fatema, è soffocato dagli altri due, nei quali la donna adulta prende il sopravvento.
È plausibile che una bambina ancora così piccola percepisca con tanta chiarezza filosofica il disagio e lʼaspirazione alla libertà delle donne dellʼharem ? O è Mernissi, che rilegge i personaggi e le vicende dellʼharem alla luce della sua consapevolezza di donna, adulta, intellettuale e impegnata politicamente ? Dʼaltra parte il filone narrativo legato alla condizione della donna è a sua volta oppresso dellʼevidente intento del libro di descrivere lʼharem e il mondo marocchino: operazione nella quale prevale la sociologa rispetto alla scrittrice.
La sovrapposizione di temi, le disgressioni sullʼemancipazione della donna e la prevalenza data allo studio della società rende la narrazione prolissa e ridondante, facendole perdere quella freschezza e ingenuità che talvolta traspaiono nelle vicende di Fatema bambina.
Lʼautrice non è riuscita a far emergere i temi politici e sociali dal romanzo, e quindi dalla narrazione immaginativa, affidandosi troppo spesso alla scrittura e allʼimpostazione tipica di un saggio.

Perché leggerlo ? È molto interessante sotto il profilo della conoscenza del mondo mussulmano.
In alcuni passaggi si sente una forte impronta poetica.

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