Il romanzo, scritto in italiano, è ambientato in un paese mai nominato, ma facilmente identificabile con lʼIran, prima e dopo la rivoluzione khomeinista.
Cʼè forse un protagonista, Reza, ma è una figura solamente " sfiorata", di cui sappiamo poco perché il suo carattere e il suo destino sono determinati dalle vicende e dalle personalità degli altri personaggi.
O forse non ha bisogno di esprimersi perché " lui" è ben saldo, con la giusta dose di opportunismo e di egoismo per sopravvivere, mentre chi gli è intorno è troppo fragile per resistere in un mondo difficile e crudele.
Il romanzo è strutturato in cinque capitoli, che corrispondono ai personaggi che determinano il destino di Reza.
Nel primo capitolo Akbar approfitta della credulità della gente per sostituire il figlio nato morto con un neonato, Khodadad, abbandonato sulle scale di casa.
Per fare questo deve, però, gridare al miracolo, offendendo in tal modo la fede e determinando il destino di Khodadad, che da quel momento verrà segnato come un prediletto da Dio, come colui che può risuscitare i morti.
Akbar compie poi un altro peccato: fa lʼamore con la cognata, che darà poi alla luce Reza.
Lʼintero racconto prende, quindi, le mosse da un duplice inganno ed è come se incombesse una maledizione su tutte le vicende successive.
Nel secondo capitolo, Khodadad, non sopportando più il ruolo di " miracolato", fugge insieme con Reza, per cercare una nuova vita nella grande città.
Per convincere lʼamico a seguirlo Khodadad lo conduce al cimitero, dove cʼè una fossa vuota, già scavata per non essere impreparati dallʼinevitabile chiamata di Dio.
" Andare in città, dice il ragazzo, è lʼunica maniera che abbiamo per salvarci da quella fine lì".
Ma il pratico e prosaico Reza gli risponde giustamente, " se non è lì, sarà altrove".
La vita in città risulta ben più difficile di come se lʼaspettavano, anche se bisogna dire che Reza riesce ad adattarsi molto meglio di Khodadad.
Durante una lite con il padrone che non li vuole pagare, Khodadad viene colpito mortalmente mentre Reza uccide lʼuomo.
I due ragazzi scappano decidendo di separarsi.
E così Khodadad si spegne da solo, con lʼunica consolazione dellʼangelo della morte, Ezrail, che " lo dondolò, cantandogli nellʼorecchio, in un bisbiglio,la ninna nanna dellʼoblio, lʼunica che conoscesse".
Nel terzo capitolo, il romanzo narra la triste storia di Donya, che, bisogna dire, ricalca un poʼ troppo la vicende di tanti romanzi strappa lacrime dellʼottocento.
Dopo una misera adolescenza a causa di una crudele matrigna, la ragazza si innamora del " classico signorino" di buona famiglia ed è obbligata a sposarsi con un uomo che non ama, appunto Reza, nel frattempo diventato un abile e fortunato meccanico.
Tra i due non cʼè amore né tanto meno passione, ma mentre Donya soffre profondamente per una vita coniugale incompleta, agiata, rallegrata da una figlia, ma affettivamente deludente, Reza sembra trovarsi bene, accettando, forse con troppa remissività, la freddezza della moglie.
Lʼunico momento di relativa felicità per Donya è costituito dalla visita al cimitero di un vicino santuario, dove la donna immagina di pregare sulla tomba della madre morta: " si siede per terra, e con un sassolino batte per tre colpi per richiamare lʼattenzione di sua madre e avvertirla che è lì a pregare per la sua anima".
La vita di Donya potrebbe concludersi prosaicamente in un matrimonio rassegnato ma sereno ( in fondo Reza è un bravʼuomo), quando a sconvolgerla, portandola al suicidio, è la tragica fine di Mathab, lʼamata figlia.
Il quarto capitolo è senza dubbio il più drammatico, per molti aspetti sconvolgente.
La ragazza viene arrestata dalla polizia khomeinista, torturata e strangolata.
La sua unica colpa è di essere fidanzata con un avvocato, che difende i suoi clienti, spesso povere prostitute, con troppo fervore.
E nel momento della morte Mathab si rifugia nei meravigliosi ricordi dellʼinfanzia, immaginando di ascoltare le parole del padre.
" Il buio e il silenzio privo di crepe la cullarono.
Una voce calda e dolce le coccolò i timpani con parole che le giungevano liquide, leggere".
Nellʼultimo capitolo scopriamo che Reza ha avuto una lunga relazione con una prostituta, Laleh.
È lei anzi che ha finanziato lʼattività di Reza, permettendogli di diventare un ricco meccanico.
Sul punto di morte vorrebbe che Reza venisse a salutarla, lei che lo aveva sempre aiutato.
Ma lui non viene.
" Se guarisce, lui viene e la porta via, così le ha detto.
Tanto dolore ? Lui non viene.
Ma non si rassegna.
La notte sembra ancora molto lunga.
Il sonno non la culla.
Ma arriverà mai la fine ?"
Per molti commentatori il significato di questo libro sta nella citazione dei versi di un grande poeta iraniano, che dicono " abbiamo giocato qui in mezzo per un poʼ, poi siamo finite, una dopo lʼaltra, nella cesta dellʼoblio".
Non siamo noi a fare il nostro destino, che per altro è poca cosa rispetto a Dio.
Senza dubbio il romanzo è intriso di una profonda religiosità, di una sorta di rassegnazione esistenziale, che trova pace solo nellʼidea che tutta la vita è volontà di Dio.
Ma si percepisce anche, lungo tutto il libro, un costante desiderio di fuga dalla prosaicità dellʼesistenza: una fuga che alla fine non si può realizzare che con la morte." Resuscitare più leggera e con le ali, si dice.
Deve diventare più leggera, con le ali, e volare lontano.
Lontano da lì.
Lassù.
Ma poi ? Come orientarsi ? Quale bussola guardare ? Di quale ghebleh fidarsi ? E se poi si perde di nuovo ?
Il pregio principale del libro è la scrittura: semplice, elegante, delicata.
I numerosi dialoghi non impoveriscono la narrazione, anzi permettono di approfondire i personaggi.
Emerge molto bene la complessità della società iraniana, tra una profonda religiosità e moderne aspirazioni.
Soffermarsi troppo nel dettaglio, prolungando le storie dei diversi personaggi, fa cadere la tensione e non favorisce la focalizzazione sui temi fondamentali, non facilmente individuabili e non totalmente sviluppati.
Perché leggerlo ? Splendida scrittura, storia interessante e in alcuni momenti avvincente.