Gradimento Medio
e non lo rileggerei

From the land of Green Ghosts (Il ragazzo che parlava col vento)

scritto da Pascal Khoo Thwe
  • Pubblicato nel 2002
  • Edito da Harper Collins
  • 296 pagine
  • Letto in Inglese
  • Finito di leggere il 09 novembre 2014

Mi sono sempre chiesto per quale ragione le edizioni italiane non mantengano il titolo originario.
Spesso dà meglio il senso del libro, come nel caso di "From the land of green ghosts", diventato, chi sa perché, "il ragazzo che parlava col vento".
Il titolo "dalla terra dei verdi fantasmi" sintetizza bene lʼautobiografia di chi, per salvarsi, ha dovuto perdere la propria identità, con il distacco dagli spiriti di un mondo ancestrale, fatto di frutti rigogliosi, coltivazioni di riso, foreste, acqua, uccelli e animali.
Dʼaltra parte, deve essere lʼincomprensione il destino di questo romanzo, se nella sua prefazione lo stesso John Casey, salvatore, mentore e amico di Pascal, dà questa definizione: "questo è meno un libro di politica e di storia che una autobiografia spirituale, nel quale, in modo unico, (Pascal) scrive dal punto di vista di un membro di una tribù della società del bronzo, recentemente apertasi al mondo esterno, e nel contempo di chi è riuscito alla fine a ricevere una educazione occidentale in una famosa università inglese".
Veramente una sintesi arrogante e riduttiva per chi ha attraversato terribili atrocità, assistendo alla distruzione materiale e sociale della Birmania ! Il romanzo si articola in tre parti.
La prima parte, "Lʼidillio della tribù", parla di un mondo tribale e contadino, ai margini delle grandi foreste.
"Eravamo Paduang, eravamo cattolici e ci sembrava di vivere in un nostro proprio mondo, con le nostre cerimonie e tradizioni.
Non avevamo nessuna sensazione che qualche cosa di diverso potesse irrompere.
Il senso di essere al sicuro mi mostrava che noi vivevamo in paradiso".
Lʼautore ci descrive, minuziosamente come fosse un antropologo, i costumi, il modo di vivere, lʼambiente naturale dei Paduang, persino, con dovizia di particolari per noi curiosi, il cibo e il modo di cucinarlo.
Scopriamo il culto degli antenati, la grande autorità degli anziani, gli elementi spiritualistici e magici che caratterizzano ogni momento della vita.
Anche se cattolici, ma lo stesso vale per i buddisti, la tribù continua a conservare, gelosamente, le proprie tradizioni, pur osservando i precetti della nuova religione.
Le storie della nonna paterna permeano lʼinfanzia di Pascal: sono fiabe terribili, come tutte quelle delle società contadine, ma in esse gli animali, in particolare gli uccelli, segnano il destino degli uomini.
Un giorno, il bambino Pascal cattura una civetta e vorrebbe cucinarla, ma la nonna gli dice di parlarle e liberarla, in tal modo un domani potrà chiederle aiuto."Anni più tardi, quando fui nei più grandi pericoli, quel ricordo divenne per me carico di significati".
Frequentando la parrocchia, Pascal riceve una prima istruzione e si appassiona allo studio.
Si allontana dal villaggio per andare prima in seminario, poi allʼuniversità.
Diviene uno studente, ossia si trova ad appartenere alla parte più dinamica e politicizzata della società birmana.
Rispetto al regime, autoritario, crudele, bugiardo e corrotto, Pascal non prende ancora posizione.
Non cʼè coscienza politica ed anche il dolore per la carcerazione e la morte della sua fidanzata non sembra tradursi in una consapevole scelta di campo.
Ma è uno studente e quindi un nemico del regime.
Deve fuggire e nascondersi nella giungla.
La seconda parte, "Rivoluzione e lotta" narra appunto le vicende di Pascal tra i ribelli, che si sono asserragliati nelle zone di confine tra la Birmania e la Tailandia.
Assistiamo, tramite la penna di Pascal, a innumerevoli atrocità; basti pensare che i soldati birmani avanzano nei campi minati, tra lʼaltro da loro stessi, mettendo dinanzi dei poveri civili, bastonati, terrorizzati e affamati, così da farsi aprire il cammino dai loro corpi disgregati dalle esplosioni.
Tanto è la crudeltà che persino "gli animali e gli uccelli, che regolarmente bevevano dal fiume, sono scappati, lasciando soltanto gli esseri umani intrappolati in un accesso di pazzia".
La terza parte, "Salvataggio", parla di come Pascal sia riuscito a fuggire in Tailandia e ad andare in Inghilterra, dove diventerà un professore di letteratura inglese.
La storia ha un lieto fine, ma cʼè una scoperta inquietante.
A Cambridge, ad una cena a casa di amici inglesi, viene a sapere che è stato prescelto per essere salvato, in quanto molti anni prima i commensali avevano assistito in un circo allʼesibizione delle "donne giraffa", ossia di donne Paduang dai lunghi colli, adornati da cerchi di metallo; insomma allʼuomo occidentale piace proteggere esemplari di specie rare e in via di estinzione.
Ma Pascal ne è consapevole ? No, perché come ci dicono le ultime righe, ormai i suoi sogni sono "immagini tutte mescolate, gli elementi sovrapposti.
La neve potrebbe cadere sulle giungle, o le palme crescere sulle Alpi.
Le visioni sono spesse rese indistinte dalla foschia".

È un lungo romanzo, nel quale prevale uno stile narrativo piatto, incapace di trasmettere sensazioni e sentimenti.
È come se fosse un cronista che indaga, descrive, dà un resoconto.
È vero che i fatti parlano da soli, ma non è la scrittura a coinvolgerci; è la storia stessa della Birmania.
Non è un caso che la narrazione catturi il lettore nella seconda parte, quanto il ritmo narrativo si accelera e gli episodi di guerra e di violenza non possono non sconvolgere.
Ma anche in questa parte lʼio narrante e protagonista, Pascal, sembra quasi uno spettatore, uno scienziato sociale.
Non sarà che lʼautore deve scrivere in una lingua che non è la sua ? Oppure la sua apparente estraneità è una corazza psicologica per sopravvivere, per difendersi dalla memoria, da un dolore esistenziale distruttivo ?

Perché non leggerlo ? Conviene leggere il libro solo se si è molto interessati allʼambiente e alla storia della Birmania.

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