In questo romanzo Tracy Chevalier, autrice del bestseller "Girl with a Pearl Earring" (si veda la recensione in questo sito) si misura con Venezia, la "Città dell'Acqua", e con uno dei suoi tesori immortali: Murano, "l'Isola del Vetro". Nella prefazione Chevalier si chiede <<se gli artigiani della Città dell'Acqua e dell'Isola del Vetro paiono invecchiare più lentamente di quanto avviene nel mondo esterno. (...) Pittori, scrittori, intagliatori, maglieristi, tessitori e, perché no?, artigiani del vetro: i creatori vivono spesso in uno stato sospeso che i psicologi chiamano flusso, in cui le ore passano senza che loro le notano>>. L'ammirazione per l'arte ha condotto l'autrice a elaborare un racconto, che pretende di seguire la storia di Murano nei secoli, da uno stato primigenio di perfezione e isolamento alla realtà attuale, intrisa di consumo e qualità artigianali insieme. E' un grande affresco storico che induce Chevalier a ricorrere a un espediente ardito: la storia di Orsola e della sua famiglia torna nei secoli, con gli stessi personaggi, passioni e vicissitudini, in un contesto sempre diverso. Partiamo dal 1486, in una Venezia ancora potente e ricca, per andare poi all'inizio del Settecento, quando è ormai evidente la decadenza della Serenissima, e quindi passare alla cessione all'Austria nel 1797, quando Venezia perse la sua indipendenza, sino alla prima guerra mondiale e agli anni a noi più vicini. Dicevo un espediente ardito perché Orsola non invecchia con i tempi della Storia, ma lo fa più lentamente; e se ciò può essere rappresentativo dell'immobilismo di Venezia, questo accorgimento letterario rende inverosimile il racconto. E' meglio, quindi, non seguire la scrittrice lungo l'intero romanzo, ma soffermarsi sulla prima parte "Calici, Perle e Delfini": ambientata nel 1486 essa racchiude il senso del libro. Orsola è una bambina, poi ragazza, appartenente a una famiglia di artigiani del vetro a Murano. Lei desidera ardentemente imparare l'arte. << La vita di Orsola si svolgeva intorno a una pila senza fine di panni da lavare, di cura dell'orto e di lavori di pulizia, ma, quando poteva, trovava i modi per andare nel laboratorio, con la scusa di consegnare messaggi o portare dei biscotti ai lavoranti. (...) Allora si sarebbe voluta intrattenere a guardarli fare vasi o bicchieri e ornare i calici>>. Di nascosto, va da una famiglia concorrente, da una donna, famosa artigiana e mercante. Questa donna le insegna a creare delle perle di vetro e le consiglia di lavorarle in cucina, lontano dal laboratorio. Pare un piccolo sotterfugio ma saranno le perle a salvare economicamente la famiglia alla morte improvvisa del padre di Orsola, con il quale si perde gran parte delle maestrie del laboratorio. Chevalier è abile a dipingere il contesto e le relazioni familiari, a spiegare le modalità di lavorazione del vetro, e a descrivere i commercianti veneziani che si arricchiscono sull'isolamento cui è condannato Murano dai regolamenti della Repubblica. L 'incompetenza del fratello maggiore, che ha assunto il ruolo di capo famiglia e non comprende l'importanza delle relazioni commerciali, costringe Orsola ad andare a Venezia, a scoprire la "Città dell'Acqua", con i suoi canali e gondolieri, le osterie e i bordelli, la magnificenza dei palazzi e i quartieri malfamati.<<Sembrava che ogni gondoliere sul canale imprecasse allegramente insulti, quasi cantando: "Buzaròn, Mona!, Magnamerda!, Visdecasso!, Copri le orecchie, gridava Giacomo, e lei rideva delle volgarità>> Insieme con la città, e con i mercanti, Orsola conosce anche il bel pescatore, di cui si innamora, rompendo, anche qui, le rigide regole della società di Murano, che voleva che ci si sposasse tra le stesse famiglie, per conservare i segreti dell'arte e l'isolamento dell'isola. Con malizia, forse, "il bel pescatore" si fa assumere come garzone nel laboratorio, impara l'arte del vetro e poi fugge all'estero, portando con sé le conoscenze e le capacità così ben custodite. E' stato quindi un amore a porre fine a un monopolio che garantiva ricchezza e prestigio a Murano, e a Venezia? Ci vogliamo credere; resta il fatto che Orsola rimane in attesa di un amore vagheggiato, la cui unica testimonianza sarà un "delfino di vetro", che le verrà spedito lungo i secoli.
Dobbiamo ammettere che Chevalier non è Ken Follett, se vogliamo inquadrarla nell'ambito dei thriller storici: le manca la capacità di dare ritmo alla storia, di creare le sorprese e i cambi di direzione alla trama (di Ken Follett si possono leggere in questo sito le recensioni di "A place called freedom" e "World without end"). Come nello scrittore inglese i personaggi non sono approfonditi in termini psicologici: per esempio, la figura di Orsola, eroina tenace e infelice (qual è il mistero di questa donna?), non è analizzata nei suoi aspetti umani e sociologici. D'altra parte come era possibile che ciò avvenisse, se l'autrice si muove nei secoli, quasi che un'artigiana del Quattrocento esprimesse lo stesso vissuto di una donna del Settecento e del Novecento!
Chevalier ha una scrittura elegante, un inglese piacevole con una sintassi lineare e limpida; un lessico vasto ma comprensibile rende facile la lettura, senza impoverirla. L'attenzione al parlato veneziano, le descrizioni precise dell'ambiente (si pensi agli stessi percorsi tra l'isola e la città), le spiegazioni delle modalità di lavorazione del vetro e dei meccanismi commerciali, indicano come la scrittrice si sia immersa nella storia e soprattutto nella stessa "Città dell'Acqua". Distrutta dal turismo e dall'abbandono dei suoi abitanti, Venezia conserva un fascino incredibile, attira e si fa amare, nonostante ci impegniamo a distruggerla.
Perché non leggerlo? Alla fine è prolisso e inverosimile.