Gradimento Medio
e non lo rileggerei

La buona condotta

scritto da Mujcic Elvira
  • Pubblicato nel 2023
  • Edito da Crocetti Editore
  • 226 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 01 agosto 2025
Il Kosovo è un piccolo stato dei Balcani, incastonato tra la Serbia e l'Albania: si è dichiarato indipendente dalla Serbia nel 2008 ed è abitato in larga maggioranza da albanesi, con una minoranza serba al confine con la Serbia. Quest'ultima non ha riconosciuto il Kosovo e la comunità serba vive in uno stato di sospensione, in tensione continua con gli albanesi. A Sumor, il piccolo villaggio dove è ambientato il romanzo, <<quasi tutti erano rimasti a vivere lì, sempre in bilico tra scelta e condanna. Si erano adeguati alle intemperie della Storia, sopravvivendo come potevano>>. Miroslav è il medico del villaggio, apprezzato da tutti, albanesi e serbi: un uomo che ha sempre cercato di stare in disparte, tranquillo ed equilibrato, lasciandosi trascinare dal fluire della vita. Così lo canzona affettuosamente Ludmila, la strana sorella del suo migliore amico: <<Miroslav, Miroslav. Con questo tuo nome, /ce la farai a diventare un leone?/  O canteranno sulla tua salma, / oh Miroslav, Miroslav, gloria alla calma?>>. Ma è proprio questa, la mansuetudine, la vera natura dell'uomo? Spesso tornano a Miroslav le ultime parole della madre: <<ho sempre pensato che tu avessi ucciso qualcuno, (...) più la gente parlava bene di te e più io capivo che nascondevi qualcosa>>. Il lato oscuro dell'uomo esce allo scoperto quando si fa eleggere sindaco del paese, nella speranza di ricucire i rapporti tra albanesi e serbi; pare la persona giusta ma dovrebbe mostrare un coraggio e una determinazione che purtroppo non possiede. Ne ha da vendere, invece, l'uomo inviato dalla Serbia per svolgere le funzioni di sindaco ombra. Umiliato ed emarginato, Miroslav sente per la prima volta il desiderio di uccidere. In un delirio, aiutato da qualche bicchierino di troppo, sogna di andare dall'uomo e di sparargli. << Lo sparo assordante lo sorprende, sobbalza, non registra quel che accade all'uomo al quale ha sparato, riesce solo a discernere gli schizzi di sangue sul suo pigiama. (...) Nel buio che ha davanti agli occhi si materializza la figura di sua madre nel letto d'ospedale e quell'ultima domanda che gli aveva posto prima di morire: "hai ucciso qualcuno? Lei lo sapeva già allora, era una domanda che veniva dal futuro! >>. E' solo un sogno di un uomo angosciato. La vicenda prenderà una piega sorprendente, che non voglio svelare. La "buona condotta" di Miroslav come sindaco non cambia la condizione del piccolo villaggio, nel bene come nel male. Tutto resta bloccato in una fragile quiete, il passato torna di continuo con le sue ferite e i suoi rancori; non resta che fuggire o adeguarsi. 

Il romanzo può essere visto come una metafora della realtà odierna. In effetti, viviamo tutti in un mondo claustrofobico, in attesa di un cambiamento che non arriva. Siamo inondati da informazioni apocalittiche, da dichiarazioni altisonanti, ma nulla pare mutare, tutto resta immobile. Viviamo in un' enorme distopia, al cui interno intrecciamo relazioni, sogniamo il passato con nostalgia, elaboriamo il futuro senza sapere se poi ci sarà effettivamente. La chiave di lettura della metafora dà al romanzo una dimensione universale, che va oltre al piccolo villaggio di Sumor; questo approccio pone in secondo piano il Kosovo, e il suo dramma. Con la Bosnia Erzegovina, questa piccola nazione è da decenni in uno stato di sospensione: mantenuta dall'Unione Europea, osteggiata dalla Serbia, i suoi abitanti vivono come in una prigione, oppressi da un passato che non accenna a dissolversi, in un microcosmo dimenticato e sofferente. La lieve e affettuosa ironia della scrittrice, l'abile narrazione e il sistema di personaggi nascondono il dramma in cui vive la popolazione, e mentre ne sottolinea il valore universale, ne dimentica la situazione claustrofobica che richiama i racconti di Dino Buzzati, caratterizzati da un'opprimente angoscia (si veda la recensione dei Sessanta Racconti in questo sito). << Bere la pastiglia alla fontana/ è meglio del rum dell'Avana>>, canticchiava la stramba Ludmila gettando la dose quotidiana di psicofarmaco.

La struttura narrativa ha al centro il sistema dei personaggi: Miroslav e sua moglie, con il loro stanco matrimonio, il ritorno a casa di Zbranko, alla ricerca di un punto di gravità, l'eccentrica e intrigante figura di Ludmila (in serbo "cara alla follia") e il suo amore con Nebojia, il sindaco ombra, ingenuo e screanzato piccolo delinquente. Il pregio del romanzo sta proprio nella capacità di tratteggiare questi personaggi, descrivendo abilmente le loro personalità e le loro relazioni reciproche. Sumor è sullo sfondo, scenario a storie personali che non paiono avere realmente uno sviluppo. L'approfondimento psicologico, i tratti onirici della narrazione, il profilo dei personaggi, la leggerezza sono i pregi fondamentali del romanzo.

Perché leggerlo? Ben scritto ma si rimane un po' delusi: ci si aspettava che parlasse del Kosovo.

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