Tra i migliori che ho letto!
e lo rileggerei volentieri

I Malavoglia

scritto da Verga Giovanni
  • Pubblicato nel 1881
  • 350 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 19 luglio 2007

L’ambiente è un villaggio di pescatori della Sicilia della fine Ottocento.
I Malavoglia sono una famiglia di pescatori, proprietaria di una barca (La Provvidenza) e di una dimora con una piccola campagna (la casa del nespolo).
La vita trascorre serena e dignitosa in una comunità che rispetta i Malavoglia in quanto economicamente sono in grado di sostenersi.
In breve tempo una serie di disgrazie scaraventano la famiglia nella povertà e nel dolore: la Provvidenza subisce un naufragio dove muore Bastianazzo il figlio di padron Ntoni, e viene perso un carico di lupini.
La famiglia è costretta a indebitarsi per riparare la barca e ripagare il prestito contratto per l’acquisto dei lupini.
Poi uno dei figli, Luca, muore soldato e un nuovo naufragio costringe a vendere anche la casa del nespolo.
Ntoni, l’altro nipote di padron Ntoni, si dà al contrabbando,viene sorpreso dalla polizia e nella colluttazione ferisce gravemente un poliziotto.
Per salvarlo dall’ergastolo l’avvocato tira in ballo la corte che il poliziotto faceva a una delle ragazze dei Malavoglia, la quale, presa dal disonore, fugge dal paese.
Dopo questa serie di disgrazie, il libro sembra chiudersi con una nota positiva: Alessi, l’altro nipote di padron Ntoni, riesce a riacquistare la casa del nespolo.
In realtà la nota positiva sta a testimoniare la ciclicità della storia, la continua lotta per sopravvivere, fatta di momenti positivi e di altri negativi, questʼultimi più frequenti.
Insieme con la famiglia Malavoglia, l’altro soggetto del libro è costituito dalla comunità, rappresentata da una serie di personaggi, dai loro legami reciproci, dalla loro logica utilitaristica, ma anche da una sovrapposizione continua di temi economici con il pettegolezzo, la ricerca dei mariti, il perbenismo e infine l’indifferenza verso la disgrazia.
Nessuno aiuta i Malavoglia, se non altri disgraziati, mentre le famiglie possidenti, o che si ritengono tali, li abbandonano, in quanto la sfortuna è in fondo la testimonianza di una colpa.
Si tratta di un libro complesso, nel quale si sovrappongono molti temi.
Nel sottofondo un totale fatalismo, che rispecchia un destino già segnato dalla gerarchia sociale e dall’utilitarismo economico: "che hai, gli domandava, nulla ho, ho che sono un povero diavolo.
E che cosa vuoi farci se sei un povero diavolo? Bisogna vivere come siamo nati".
"Quando uno non riesce ad acchiappare la fortuna è un minchione si sa".
Sarebbe, tuttavia, limitativo ridurre il libro a una mera rappresentazione di uno specchio della società nè a ricondurlo a una sorta di filosofia della storia.
In realtà l’animazione dei diversi personaggi, il ritmo narrativo e soprattutto la lingua, molto particolare perché non dialettale e così rappresentativa del contesto, sono tutti fattori che collocano il racconto in una dimensione non reale, immaginativa ed espressiva di sentimenti universali.
Se si confronta il libro di Verga con quelli di Emile Zola , in particolare Terre, emerge in modo evidente una profonda differenza.
Il libro di Verga non vuole impressionare o spingere alla rivolta o alla desolazione, si muove invece sul terreno della "leggerezza", ricco di ironia nei confronti di una società che vive chiusa nelle sue regole e non comprende lo spirito eroico con il quale si muovono i Malavoglia.
La contrapposizione tra eroismo individuale (e famigliare) e gretto conservatorismo della società costituisce un tema tutto italiano e quindi emblematico di una cultura e di un paese.

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