Gradimento Medio-basso
e non lo rileggerei

La città dei prodigi

scritto da Mendoza Eduardo
  • Pubblicato nel 1986
  • Edito da Maclehose Press
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 27 luglio 2025
Il romanzo racconta la storia di Barcellona tra il 1888 e il 1929; un arco di tempo tra due esposizioni universali, che videro la trasformazione urbanistica e sociale della città. Mendoza, giornalista catalano ma non indipendentista, narra i cambiamenti di Barcellona dal punto di vista di un misero ragazzo di campagna, che viene a lavorare a Barcellona all' edificazione delle strutture della esposizione del 1888; ragazzo, che dopo un breve periodo al servizio dei lavoratori, diviene un uomo d'affari spregiudicato e un po' criminale. Così l'autore presenta Onofre Bouvila: << basso di statura, con ampie spalle, (...) lineamenti pallidi e ruvidi, capelli neri arruffati. I vestiti erano rattoppati, in disordine e poco puliti. (...) C'è qualcosa nel suo sguardo che rende nervosi>>. Però, non c'è da temere, <<un'altra piccola sardina che la balena (Barcellona) si mangerà senza neanche accorgersi>>. Non sarà così. Onofre farà rapidamente carriera dentro il sindacato anarchico per l' impegno e le qualità di leadership. Potrebbe continuare a fare attività politica, probabilmente finendo in carcere, sicuramente restando povero e sfruttato. Invece, senza apparenti rimpianti, diviene il guarda spalle di un affarista, che si serve di Onofre come un picchiatore senza scrupoli, utile in una città travolta dalla speculazione immobiliare, dalla corruzione e dalle ruberie, con una borghesia rampante, pronta a tutto pur di arricchirsi. Come una sorta di Mastro Don Gesualdo catalano (si veda la recensione del libro di Verga in questo sito), Onofre sale la scala sociale, crea le giuste relazioni con l'alta borghesia, sposa una rampolla di un'altolocata famiglia di Barcellona, diviene un uomo potente, immensamente ricco, senza remore morali, sempre determinato sulla via del successo. Che cos'è che lo muove? Un giorno. all'inizio della sua ascesa sociale, va da una chiromante per conoscere il futuro. La risposta delle carte è vaga, come sempre; ma la donna vede che non gli spetta la felicità né la ricchezza: ciò che persegue Onofre è la vendetta. Il padre, un uomo d'affari, millantatore e pasticcione, è stato umiliato nella sua vita; Onofre vuole riscattarlo dimostrando che il figlio non solo diventerà ricco e potente, ma potrà piegare ai suoi piedi quella stessa borghesia che aveva così disprezzato e cacciato il padre. E' come Il Conte di Montecristo o un banale rappresentante di un sistema corruttivo che ha plasmato Barcellona? Non lo sapremo mai, l'autore non indaga l'animo di Onofre, un personaggio che resta sempre nelle ombre della nebbia di una città tumultuosa, la vera protagonista: di fatto, Barcellona si è mangiata la sardina, malgrado che Onofre creda di dominarla. E forse, proprio per affermare disperatamente la sua supremazia, per l'esposizione del 1929 Onofre si fa costruire un elicottero, allora oggetto prodigioso, e con questo mezzo scompare in cielo, dinanzi a una folla sbalordita e agli occhi increduli di Alfonso XIII e del dittatore De Rivera. E' una fuga? E' salito in Paradiso? O semplicemente è scoppiato l'elicottero uccidendo Onofre? L'autore non lo dice, lascia a noi trovare il finale di una vita straordinaria. Ciò che è certo è che alla fine del 1929 De Rivera sarà costretto a dimettersi e l'anno successivo Alfonso XIII lascerà il trono e verrà insediata la repubblica. E' finita un'epoca per la Spagna e Barcellona, si avvia un'altra storia.

Come capita spesso nei romanzi moderni, il libro è lungo e dispersivo. La parte migliore è la prima, in cui l'autore racconta l'arrivo di Onofre a Barcellona, l'ambiente in cui vive, la miseria, la fatica, i strani personaggi che frequentano la casa dove il ragazzo ha trovato alloggio; è particolarmente intrigante la figura di Dolfina, compagna di lotta, sempre insieme a un gatto nero, selvaggio e aggressivo; ragazza che è il primo amore dell'ingenuo Onofre, il quale, nel conquistarla, mostra già quel cinismo e quella determinazione che lo accompagnerà per tutta la vita: uccide il gatto nero, lo elimina perché un ostacolo, come farà fuori tutti quelli che gli impediranno di raggiungere i suoi obiettivi, a prescindere dai legami affettivi. Nella costruzione dell'ambiente si percepisce Charles Dickens (si vedano le recensioni di David Copperfield e di Oliver Twist in questo sito), anche se Mendoza affronta il tutto con un tratto ironico e distaccato, senza moralismi. Peccato che questo stile narrativo si dissolve nel corso del romanzo, insieme alla capacità di costruire i personaggi, sempre più banali, e perdendo l'approccio storico- sociologico che aveva così ben delineato la prima parte. Perché Barcellona è la città dei prodigi? Non certo per il suo sistema corruttivo, di cui Onofre è un rappresentante; Barcellona è una città stupefacente perché si è sempre reinventata, in un processo interminabile di distruzione creativa, lottando, in modo anche velleitario, contro Madrid e gli avvenimenti che spesso le sono stati ostili. Mendoza pare suggerire che l'annientamento totale della città all'inizio del Settecento, alla fine della guerra di secessione spagnola, abbia azzerato il passato e abbia contribuito a creare un clima culturale e sociale orientato al futuro, pronto di continuo a travolgere la città sotto il profilo urbanistico, architettonico ed economico.

Perché leggerlo?  E' interessante sotto il profilo storico, ma troppo lungo.

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