Sconsiglio vivamente
e non lo rileggerei

Canada

scritto da Ford Richard
  • Pubblicato nel 2012
  • Edito da Harper Collins
  • Letto in Inglese
  • Finito di leggere il 29 luglio 2016

Un insegnante alla fine della carriera, sposato senza figli, con una moglie contabile di professione, decide di narrare due fatti fondamentali della sua adolescenza.
Se fosse stato, che ne so ?, un astronauta, un avventuriero della Silicon Valley o più semplicemente una persona sensibile, e quindi fragile, ci avrebbe dato un racconto meno prosaico ed intellettualistico, ma ricco di emozioni e sentimenti; ed invece il lungo romanzo vuole dimostrare come "la migliore cosa da fare nella vita, per sopravvivere, è di sopportare bene le perdite.
(...) al mondo che cambia intorno a noi non importa come io mi sento".
Il romanzo è diviso in due parti.
Nella prima lʼambiente è una piccola città del Montana: una famiglia normale, marito e moglie, due gemelli quindicenni, una ragazza ed un ragazzo (il nostro insegnante narrante).
Il padre è aitante, divertente, il classico piacione: ex ufficiale dellʼesercito, dopo aver abbandonato le forze armate ha inseguito inverosimili progetti, finendo per fare piccoli traffici anche al limite della legalità; la madre è esile, timida, introversa e sognatrice.
"La strana unione delle loro caratteristiche fisiche così male assortite è sempre nella mia mente come una delle ragioni della loro tragica fine: essi erano senza dubbio semplicemente sbagliati lʼuno per lʼaltro e non si sarebbero dovuti sposare".
Ai ragazzi la casa sembra normale, quando i genitori compiono un atto incredibile ed imprevedibile: una rapina in banca, a seguito della quale vengono arrestati, condannati a molti anni di prigione.
Perché lo hanno fatto, che cosa li ha spinti a fare un gesto così assurdo ? Vada per il padre, superficiale e irrimediabilmente ottimista, ma perché lo ha fatto la madre, così assennata e sul procinto di separarsi dal marito ? "Ella potrebbe avere sentito non disperazione o terrore o una più grande alienazione (che sarebbe stato normale).
Ma libertà.
Da tutte le forze che la opprimevano.
Potrebbe aver concluso che questa sensazione senza controllo venisse direttamente dalle stesse qualità che la isolavano.
(...) Questo la potrebbe aver fatto sentir meglio di quanto le accadeva da lungo tempo." La madre è senza dubbio il personaggio più interessante del romanzo e sarebbe stato utile investigarlo meglio per capire fino in fondo le ragioni del suo folle gesto, che la porterà al suicidio.
Ma "i miei genitori cominciarono a recedere nella mia visione, come quando sei malato e la febbre rimpicciolisce il mondo e allunga le distanze.
I miei genitori diventarono sempre più piccoli fino a che io ero da solo nella cucina male illuminata, ed essi erano sul punto di svanire, quasi scomparire".
Ed infatti nella seconda parte del romanzo lʼambiente e le circostanze sono molto lontane dal mondo ancora adolescenziale della prima parte.
Per sfuggire alle grinfie dellʼautorità pubblica unʼamica della madre porta il ragazzo in Canada, in una cittadina dove il fratello Arthur gestisce un albergo.
Qui il racconto assume connotati artificiosi, tipici di una costruzione letteraria a tavolino.
Il ragazzo diviene adulto in poco tempo (romanzo di formazione ?) ed è attratto dalla figura di Arthur: un mancato rivoluzionario colto e violento che pare voler assumere il ruolo di mentore del protagonista: una sorta di Grande Gatsby, di super eroe misterioso, di intellettuale mancato e comunque arrogante.
Lʼamicizia tra Arthur e il ragazzo si interrompe brutalmente, quando il giovane viene coinvolto in un omicidio.
Arthur uccide due persone e il ragazzo viene usato, a sua insaputa, per creare un diversivo e ingannare le vittime.
Ed allora il protagonista comprende come lʼunica possibilità sia mantenere la vita in uno stato complessivamente accettabile, senza riguardo alle frontiere che si attraversano: come un puzzle, come una sinfonia, come "il gioco degli scacchi, nei quali i singoli concorrenti sono parte di una lunga ed unica impresa, che persegue una condizione non di avversità o conflitto, o sconfitta o persino vittoria, ma di un ʼequilibrio sottostante al tutto".
È una conclusione cinica e pessimista, secondo la quale per sopravvivere, per non farsi travolgere e distruggere, bisogna non farsi coinvolgere, ossia bisogna non vivere.

È un pessimo romanzo, non solo per la sua lunghezza spropositata, ma soprattutto perché è privo di tensione, di ritmo e di effettivo approfondimento psicologico; i personaggi sono stereotipi, mere occasioni per riflessioni filosofiche, peraltro spesso incomprensibili.
Sarebbe stata uno buono spunto lʼidea, sulla quale si appoggia la prima parte: un evento incomprensibile sconvolge la vita di tutti, i genitori possono compiere gesti che cambiano la vita dei propri figli, radicalmente e in peggio.
Quante volte lʼabbiamo visto accadere ! Ma lo svolgimento dellʼidea delude per la mancanza di emozioni, di reali sofferenze.
La seconda parte è una serie di luoghi comuni, di personaggi e contesti che rimandano alla letteratura e non alla vita reale.
Che cosʼ è il Canada per il protagonista narratore ? Una fuga, un paese irreale, il luogo della maturazione, non lo sapremo mai perché troppe sono le divagazioni inutili.

Perché non leggerlo ? È lungo, prolisso, noioso e artificioso.

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