Quali sono i meccanismi che sorreggono una dittatura ? Varga Llosa prende le mosse dalla storia, da protagonisti e vicende reali, per indagare il fascino oscuro del despota, e lo fa partendo da un personaggio crudele, nel quale si sono distillati le peculiarità della tirannide, senza il paravento delle ideologie e delle buone maniere. Leggiamo dall'Enciclopedia Treccani che Trujillo governò dal 1930 al 1961 la Repubblica Domenicana "con metodi dittatoriali fino alla morte, grazie al controllo sulle forze armate, a quello esercitato (direttamente o tramite i membri della sua famiglia) sull'economia nazionale e al ricorso sistematico a metodi terroristici contro i suoi oppositori"; e, aggiungo, per l'appoggio degli Stati Uniti e della Chiesa, che lo vedevano come un baluardo contro il comunismo. Siamo nella fase finale: le atrocità del regime hanno spinto gli Stati Uniti e la Chiesa ad abbandonare Trujillo, strozzando il piccolo paese con sanzioni ed isolando il dittatore a livello internazionale. Tre sono i filoni narrativi, che corrono in parallelo per poi intrecciarsi, sempre intorno alla malefica figura di Trujillo. Urania, giovane donna di successo che vive a New York, torna a Santo Domingo a visitare il vecchio padre, ridotto a letto in uno stato quasi vegetativo. Per molte pagine non comprendiamo tanto astio contro il padre, sappiamo solo che Urania "non è giunta a vincere il rifiuto insormontabile, lo schifo che le ispirano gli uomini...non avevi mai voluto curarti". Nel secondo filone narrativo la scena è quella dove verrà ucciso Trujillo e dove attendono ansiosi i cospiratori (quelli prima chiamati giustizieri e poi patrioti): sono un gruppo eterogeneo di personaggi, mossi dalla vendetta o dal rigetto di un regime crudele, sono stati beneficiati dal dittatore e sono legati a lui da un rapporto di odio-amore: una "paralisi, l'addormentamento della volontà, del raziocinio e del libero arbitrio che quell'infimo personaggio azzimato fino al ridicolo, con la vocina flautata e gli occhi da ipnotizzatore, esercitava sui domenicani poveri o ricchi, colti o incolti, amici o nemici". Il suo assassinio è una catarsi, una liberazione da un tragico fascino, non un atto politico. Ed infine siamo dinanzi a Trujillo e alla sua corte: i figli depravati e sadici, la moglie avida e mille volte tradita, il presidente fantoccio, il capo della polizia, esecutore delle più atroci torture e delitti, l'abile azzeccagarbugli e tanti altri. Tutti vivono in una continua angoscia: e' un'abitudine del Capo destituirli, espropriarne le ricchezze, metterli in prigione, farli uccidere, così per un capriccio, per affermare il suo potere di vita e di morte. E loro subiscono, se cadono in disgrazia, anelano a tornare nelle grazie del tiranno, sono pronti a tutto, come il padre di Urania, prima ascoltato presidente del senato e poi messo da parte, senza una ragione. Il paese è a rotoli, dilagano inflazione e povertà, il regime si sta incrinando, ma a poche ore dal suo assassinio, Trujillo è preoccupato di una sola cosa: non riesce ad usare "la parte del corpo che non voglio nominare"(Patrizia Valduga "la tentazione"). Il racconto si sviluppa lentamente, talvolta è prolisso, quando si giunge ad alcuni splendidi capitoli, solo per i quali vale la pena leggere il libro. La cospirazione fa capo al comandante delle Forze Armate, che avrebbe dovuto intervenire con rapidità e decisione alla notizia della morte di Trujillo. Ed invece attende, tergiversa, "immerso in quella specie di ipnosi pensò che forse la sua indolenza fosse dovuta al fatto che, sebbene il corpo del Capo fosse morto, la sua anima, il suo spirito o come altro si chiamava continuasse a tenerlo schiavo". E come i congiurati del 25 luglio 1943, quando il Gran Consiglio del Fascismo destituì di fatto Mussolini, il nostro cospiratore scivola nelle sabbie mobili del supplizio. Poi, seguiamo nella sua presa del potere il presidente fantoccio, "ometto disarmato che scriveva versi e sembrava così poca cosa in questo mondo di uomini veri con pistole e mitragliatrici", e, con le dovute differenze, la mente corre a Dino Grandi o allo stesso Pietro Badoglio, complici della dittatura fascista ed eppure suoi affossatori. Ed infine, nell'ultimo e drammatico capitolo, capiamo il tanto rancore di Urania. Ancora bambina, il padre l'ha venduta al dittatore pur di riconquistare le grazie del Capo. E lui, "prendendola per un braccio, la rovesciò accanto a sé. (...) Quella massa di carne la schiacciava, la soffocava contro il materasso. (...) Ma l'asfissia non le evitò di accorgersi della rudezza di quella mano, di quelle dita che esploravano, frugavano ed entravano in lei con forza". Tante possono essere le parole per descrivere una tirannide, ma essa si sintetizza nella manifestazione più ancestrale e brutale: lo stupro.
Non sono a conoscenza se ci sia un grande romanzo sulla dittatura fascista, in grado di scavare il fascino oscuro della tirannide, così come ha fatto Vargas Llosa. Se ci fosse questo racconto uscirebbe dall'ombra la ricca corte che ha circondato il dittatore: i suoi squadristi a doppio petto, i tanto egregi eredi della classe liberale, i magniloquenti e pavidi intellettuali, ingenui o semplicemente ruffiani, i codardi generali compiacenti, e le tante donne, che Mussolini ha usato e gettato poi via, o le ha portato con sé alla morte. Se fossi l'ANPI, l'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia, affiderei a Varga Llosa il compito di darci questo affresco, per rispondere alla domanda: "chi è stato? (...) Di chi è la colpa? E tutti quelli che sono morti, poverini? (...) Li ho visto morire, è stato inutile...sentì che era stupidamente per piangere" (Mario Tobino "Il Clandestino" vedi recensione su questo sito).
Magistralmente tradotto, il romanzo è troppo lungo ed in particolare l'ampio ricorso ai dialoghi, spesso dei soliloqui, appesantisce la narrazione, non incanta e non alimenta l'immaginazione, resta qualcosa di freddo e distante. Lo scrittore è lontano dalla realtà della Repubblica Domenicana, è uno spettatore di un dramma, interessato ad indagare i meccanismi della crudeltà e del dominio, senza lasciarsi coinvolgere ed anzi mosso da una mal celata ironia. Questo approccio impedisce al lettore di sentirsi addosso le drammatiche e dolorose vicende dei personaggi, la tragedia di un paese.
Perché leggerlo? Una grande indagine sulla tirannide.