Tra i migliori che ho letto!
e lo rileggerei volentieri

The power and the glory

scritto da Greene Graham
  • Pubblicato nel 1940
  • Edito da Penguin Classics
  • 221 pagine
  • Letto in Inglese
  • Finito di leggere il 24 dicembre 2008

Il romanzo è ambientato in Messico nel periodo delle guerre civili tra il 1911 e il 1924 quando i diversi governi rivoluzionari portarono avanti una energica politica anti-cattolica, in aperto contrasto con la Chiesa di Roma.
Il protagonista è un prete, "un whisky priest", alcolizzato, padre di una bambina che ha abbandonato, codardo al punto di far condannare a morte alcuni ostaggi che non volevano denunciarlo, insomma un "bad priest".
Inseguito per anni dalla polizia, riesce a passare il confine e, quando è in ormai in salvo, decide di ritornare in Messico per confessare un assassinio sul punto di morte.
Viene quindi catturato e fucilato: muore come un santo e la Chiesa trionfa in definitiva.
Interpretato generalmente in chiave religiosa come una celebrazione della superiorità della fede e della capacità della Chiesa di risorgere continuamente dalle persecuzioni, la parte più interessante del romanzo è costituita dalla descrizione del profondo squallore materiale e umano di una società povera e miserabile, nella quale, a danno della quale, si sviluppano le vicende del protagonista.
È il Messico contadino e meticcio, fatto di gente ignorante ma dotata di una grande dignità e di una religiosità ingenua e sentita al punto di rischiare la vita per conservarla.
Sono molto suggestive le pagine che descrivono l’arrivo del prete nel villaggio, dove è stato parroco e dove ha avuto una amante (anche se per sola sera) dalla quale ha avuto una figlia.
La gente del villaggio ha paura e lo invita ad andarsene, eppure lo ospita, chiede di confessarsi e di assistere alla messa, anche se i soldati sono a poche miglia di distanza.
Quando questi arrivano, prendono un ostaggio e interrogano la gente del villaggio, il prete si nasconde e non viene comunque tradito.
Sempre in questa circostanza, come in altre, emerge il contrasto tra la forza dei sentimenti dei contadini e la vacuità del protagonista, che, appena riprende il suo ruolo di sacerdote, riacquista immediatamente l’arroganza, la sicumera e la sicurezza di chi sa di avere in mano le coscienze del popolo.
Altro che romanzo celebrativo della Chiesa di Roma! Forse malgrado le stesse intenzioni dello scrittore, ne esce in modo drammatico la desolazione di una religione che si basa sull’ipocrisia e sulla manipolazione della coscienze.
Il romanzo sembra essere un complemento delle splendido colloquio di Dostoevskij tra Cristo e il grande inquisitore.
Il romanzo dovrebbe concludersi alla fine della seconda parte, quando il prete ritrova finalmente una chiesa e "si sedette improvvisamente sul prato intriso di pioggia e appoggiando la testa contro la parete bianca cadde addormentato, con la casa dietro le spalle.
Il suo sogno fu pieno di suoni gioiosi".
Invece lo scrittore ha voluto dare una conclusione che esaltasse il sacrificio, con una lunga e noiosa descrizione della cattura, con inverosimili colloqui tra il prete e un ufficiale di polizia, con una celebrazione finale che contempla la ricomparsa di un altro prete: capitoli totalmente inutili che riducono pesantemente la qualità del libro in termini sia di contenuti che di ritmo narrativo.
Lo stile è quello tipico di Greene, articolato in differenti episodi e comunque suggestivo nella descrizione delle situazioni: come al solito, i dialoghi e l’introspezione dei personaggi non sono all’altezza dell’illustrazione del contesto.

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