Sconsiglio vivamente
e non lo rileggerei

Oliver Twist

scritto da Dickens Charles
  • Pubblicato nel 1839
  • Edito da Chapman & Hall
  • 258 pagine
  • Letto in Inglese
  • Finito di leggere il 15 marzo 2008

L’ambiente è l’Inghilterra della seconda metà dell’Ottocento, caratterizzata da una diffusa povertà, da una crescente criminalità e da una borghesia bigotta e spesso ostile ai più poveri.
Oliver è un trovatello, che viene prima allevato in uno ospizio per poi essere affidato (o ceduto) a una famiglia per imparare un mestiere.
Qui subisce notevoli angherie e quindi decide di fuggire per ritrovarsi poi in mano a un gruppo di delinquenti, che fanno capo ad un ebreo (Fagin), avido e crudele, e a un altro personaggio, violento e paranoico.
Oliver deve imparare a rubare, ma, durante una rapina, rimane ferito e viene accolto da una famiglia, che lo cura e conosce quindi la bontà e la generosità della buona borghesia.
Si succedono una serie di avventure e un intreccio di personaggi, per cui alla fine si scopre che Oliver è l’erede di una grande fortuna ed era stato rapito dall’ebreo per conto del fratellastro, che voleva impedire che Oliver potesse far valere i propri diritti.
Tutto finisce in bene, in quanto i cattivi vengono puniti e Oliver può vivere felice con la sua nuova famiglia.
A un certo punto del romanzo, Dickens ricorda come "sia costume sul palcoscenico in tutti i melodrammi sanguigni, di presentare scene comiche e scene drammatiche in un ritmo regolare.
Tali cambiamenti appaiono assurdi: ma essi non sono così inusuali come sembrano a prima vista.
Il passaggio nella vita reale da una tavola ben apparecchiata al letto di morte, e da abiti da lutto a vestiti da festa non sono di meno incredibili: soltanto, là, noi siamo protagonisti, invece di spettatori passivi e ciò fa una grande differenza".
La vita è quindi una continua sorpresa e la storia di Oliver Twist vuole rappresentare la vicenda ottocentesca, dell’era del grande inurbamento, di un eroe.
Solo che non c’è niente di fantastico o di avventuroso in ciò che racconta Dickens se non una serie di episodi spesso melensi, intrisi di un facile moralismo, che tende a separare nettamente il bene dal male.
Nella prima parte del romanzo, quando si narrano le vicende del piccolo Oliver, ci sono ancora da parte dell’autore una sottile ironia sulla società inglese del suo tempo e una critica all’ipocrisia a un approccio verso la povertà, che nasconde, sotto unʼapparente carità e benevolenza, disprezzo e crudeltà.
Molto efficace, da questo punto di vista, è la scena nella quale Oliver bambino, timido e impacciato, si presenta davanti al comitato dell’ospizio per essere valutato ai fini della sua destinazione nel futuro.
I diversi personaggi del comitato vengono descritti da Dickens in modo magistrale ed emerge una chiara visione di una borghesia che vede la povertà come la predisposizione verso il male e la disgrazia.
Nello stesso modo l’autore porta avanti una critica sociale all’utilizzo dei bambini come manodopera e al mancato rispetto delle loro esigenze, fisiche e intellettuali.
Nella seconda parte del romanzo, si cade nel melodramma con una netta separazione tra il "mondo del bene" (la media borghesia gentry che vive di buoni sentimenti) e il "mondo del male", caratterizzato dai bassi fondi della società: l’avido ebreo, la giovane prostituta, che alla fine si redime, il violento e il fratellastro cattivo.
Oliver stesso scompare dalla scena ed emerge come personaggio fondamentale Fagin, che trama continuamente alla ricerca della ricchezza e del possesso.
Le scene migliori sono proprio quelle che riguardano il gruppo dei criminali e il loro muoversi per le strade di Londra: una città tenebrosa, sporca, in disfacimento e dove la gente vive in case senza finestre, diroccate e maleodoranti.
La descrizione di Londra ricorda, per ricchezza ed efficacia espressiva, la poesia di D’Annunzio sulle città mostruose.
L’inurbamento viene visto da Dickens come un declino della comunità verso un mondo disumano, a differenza della campagna dove si può vivere felice e sereni.
Non per niente Oliver e i suoi amici abbandoneranno Londra per ritornare nei piccoli villaggi dell’Inghilterra agricola.
Le vicende sono scontate, predomina eccessivamente un approccio moralistico, lo stile non è sempre fluido, poichè la costruzione della frase si presenta spesso complessa e ridondante: tutti questi elementi rendono il romanzo poco piacevole.

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