Per Moravia La Ciociara "era il suo omaggio di romanziere alla Resistenza come fatto collettivo".
Lʼambiente è la Ciociaria, a sud - est di Roma, il contesto storico è il periodo tra lʼottobre 1943 e il giugno 1944, quando questo territorio fu sconvolto dal lungo stallo nellʼavanzata degli alleati, a causa delle linee di fortificazioni di Cassino e del fallimento dello sbarco di Anzio, nel gennaio del 1944.
La narratrice e protagonista del romanzo è Cesira: cresciuta in Ciociaria, ha sposato un bottegaio romano, un uomo che la disprezza, chiamandola "la burina".
Ed infatti Cesira è rozza, plebea e contadina, ma forte e concreta, grande ed esperta lavoratrice.
La sua vita ruota intorno alla casa, al negozio, e alla figlia Rosetta.
Così la descrive la madre allʼinizio del racconto: "aveva un viso come una pecorella, con gli occhi grandi, di espressione dolce e quasi struggente"; in seguito dovrà ammettere "che questa perfezione era fragile e quasi artificiale, come quella di un fiore cresciuto in una serra calda".
Per Cesira la guerra è lontana ("sti figli di mignotte, si scannino tra di loro finché vogliono, che ce ne importa a noi della loro guerra ?").
E come dirà un altro personaggio, "la guerra è brutta soltanto per i fessi.
(...) Vengano i tedeschi, vengano gli inglesi, vengano i russi, quello che per noialtri negozianti deve contare soprattutto è pur sempre il negozio e se il negozio va bene, tutto va bene".
Così la pensa anche Cesira, si arricchisce infatti con la borsa nera per tutti gli anni della guerra.
Dopo lʼ8 settembre Cesira si ritrova piena di denaro ma senza provviste, costretta a fare la fame.
Decide di lasciare Roma e andare in Ciociaria, presso i genitori.
Il treno porta le due donne sino a Fondi, dove la linea si interrompe.
Trovano alloggio presso una losca famiglia, che abbandonano in fretta perché Rosetta ha subito le proposte indecenti di un piccolo gerarca fascista.
Scappano, quindi, in montagna, in un misero villaggio di pastori, dove hanno trovato rifugio numerose famiglie, fuggite da Fondi.
Nelle lunghe pagine dedicate alla vita comune degli sfollati e dei contadini, Moravia parla di una sua esperienza personale, al punto che avvenimenti e protagonisti sono i medesimi del suo diario di quei giorni terribili, quando fu costretto con Elsa Morante a ripararsi in Ciociaria.
La narrazione, scorrevole ma prolissa, è portata avanti abilmente, procede bene nel contrasto tra i fatti terribili della guerra (desolazioni, bombardamenti, rastrellamenti, violenze) e la splendida indifferenza della natura, che segue, immutabile e cinica, lʼeterno ciclo delle stagioni.
Il racconto sembra sospeso, in attesa dellʼarrivo degli alleati, che dovrebbero portare "lʼabbondanza".
Compare Michele.
un giovane intellettuale, fermo nelle idee e coraggioso nei comportamenti.
A differenza di Rosetta, che deve la sua innocenza allʼignoranza, Michele è ben consapevole di ciò che accade, dellʼoppressione nazi- fascista, che non riguarda solo il piccolo mondo degli sfollati, ma tutta lʼItalia, condotta ad un generale disastro materiale e morale.
Figura positiva, è come imprigionato nella vita degli sfollati, nella misera e ignavia quotidianità dellʼattesa, solo attenta a sopravvivere in qualche modo.
Finalmente arrivano gli alleati; dovrebbe essere la liberazione, ed invece la situazione precipita.
Alcuni tedeschi prelevano Michele, che poi uccidono, quando il giovane si schiera in difesa di una famiglia di contadini: Michele muore da eroe.
Le due donne sono sorprese, sole ed isolate, da un gruppo di soldati alleati, i quali violentano Rosetta.
Lo stupro cambia la ragazza; lei così innocente dichiara alla madre stupefatta: "lui o un altro per me fa lo stesso.
(...) Voglio fare lʼamore perché è la sola cosa che mi piaccia e mi sento di fare.
E dʼora in poi sarò sempre così".
Lo stupro, la morte di Michele, la guerra cambiano profondamente anche Cesira: era una donna sicura, diviene incerta, tormentata, tanto che i suoi sonni sono attraversati da incubi, quasi che solo il mondo onirico le permetta di ritrovare lʼoriginaria solidità; in uno di questi sogni immagina che Rosetta si sia sposata e che "si sbottonava il corpetto e dava la mammella al pupo", ma era Rosetta o quella povera pazza che aveva incontrato vagare nella campagna, in mezzo alle desolazioni della guerra ?
Quali che fossero le intenzioni, lʼautore non riesce ad esprimere la tragicità della guerra ai civili, e ciò per due motivi.
Innanzitutto prevale un forte pessimismo sulla natura degli uomini, che conduce allʼaccettazione di quanto avviene, a non ribellarsi, a subire; atteggiamento che non viene certo riscattato dallʼultimo capitolo, nel quale il dolore sembrerebbe ridare prospettiva a Rosetta e a Cesira.
È una appendice ipocrita e dolciastra, utile ad evitare un finale troppo cinico per trovare accoglienza presso i lettori.
In secondo luogo, la metamorfosi di Rosetta, da brava ragazza a "mignotta", è inverosimile (si supera così facilmente uno stupro ?), sa di morboso e rispecchia lʼidea tipicamente maschile sulla natura sensuale della donna.
Insomma, la violenza sessuale di gruppo sarebbe stata una iniziazione, un modo brusco per conoscere "le cose brutte" del mondo.
Dʼaltra parte "lei adesso ci aveva preso gusto a quello che i marocchini le avevano imposto con la forza".
Da momento catartico lo stupro diviene lʼinesorabile destino di tutte le donne.
Non si può essere accusati di essere politicamente corretti se si dice che questa visione di Cesira - Moravia è insopportabile, oltre a far perdere tensione allʼ intera storia.
La trama è costruita mirabilmente, i personaggi sono ben disegnati, la scrittura è fluida, agevole e perfetta con il suo arioso periodare.
Il lettore viene condotto per mano sino allo stupro, preannunciato lungo tutta la narrazione da lievi accenni e da fugaci episodi; quando accade appare inevitabile.
Moravia conferma le sue grandi doti di scrittore.
Perché leggerlo ? Cesira è una vittima e la sua storia è emblematica di quanto accade ai civili in tutte le guerre.