Gradimento Medio
e non lo rileggerei

A conquistare la rossa primavera

scritto da Lajolo Davide
  • Pubblicato nel 1945
  • Edito da Rizzoli
  • 246 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 14 ottobre 2013

Scritto nei giorni immediatamente successivi al 25 aprile 1945, questo libro è un romanzo autobiografico, ricordo di " cose vissute, e ancora vive dentro, prima che il tempo abbia placato il tumulto dei sentimenti" ( Giorgio Amendola nota introduttiva allʼedizione del 1975).
Lajolo, nome di battaglia Ulisse, ha partecipato, credendoci, a tutte le guerre fasciste.
Il 25 luglio 1943, giorno delle dimissioni di Mussolini, lo sorprende attonito.
" È la fine ...
la gente grida di contentezza...
ho il gelo sulla fronte, la camicia dʼordinanza mi stringe alla gola come un laccio....
ora cominciano i lunghi giorni di tristezza".
Cosa fare ? Da un lato la sua storia personale lo spinge ad impegnarsi nella repubblica di Salò, dallʼaltro lato sente dentro " qualcosa di inconciliabile ( che) mi diceva di non accettare.
Non sapevo ancora bene distinguere cosa fosse....
ma capivo, anche se in modo indefinito, che in quel posto sarei stato sulla falsa strada, non avrei fatto del bene al paese...
(e) uscivo per la campagna.
La terra incrostata ed arida pareva si fosse ritirata in se stessa, gelosa e paurosa di vedersi scoperta".
Per un uomo dʼazione, come Lajolo, il tormento spirituale non può durare a lungo e non si risolve con la meditazione.
Saranno i giovani del suo paese ( Vinchio dʼAsti) e la sua terra ( le Langhe) a fargli scegliere la via.
" Quei ragazzi miei, che al buio sʼerano tutti alzati al cenno di chiamata, pronti a dare la vita, mʼavevano detto che quello era lo spirito patriottico vero ...
( sono) gli stessi ragazzi che erano partiti tante volte a far la guerra".
" La mia terra ! Non potevo tradirla perché la sentivo dentro la mia carne.
La mia terra, con i suoi paesi e le case basse multicolori, coi tetti corrosi e splendenti, e le cascine con gli orti circondati da canneti sottili...
forse mai come in questi tempi avevo conosciuto da vicino la mia terra".
E sono proprio la solidarietà tra combattenti, scandita da un elenco minuzioso di nomi dei compagni partigiani, e le immagini della " cara terra astigiana" a costituire i pregi distintivi del romanzo.
Lʼautore non ci si può soffermare a lungo perché le azioni si susseguono con un crescendo di intensità e drammaticità sino al terribile inverno 1944-45.
In quei mesi i nazifascisti sviluppano il massimo sforzo per distruggere le forze partigiane, che erano riusciti a costituire nelle zone adiacenti ad Asti quella che è stata chiamata la repubblica del Monferrato.
È un inseguimento partigiano per partigiano, che porta anche a crudeli rappresaglie contro la popolazione civile.
Lajolo, ormai uno dei capi della Resistenza, si nasconde, con alcuni compagni, in tane e cascinali, nascosti nella boscaglia.
La narrazione ricorda le pagine del Partigiano Jonny, ambientato sempre nelle Langhe e nello stesso periodo.
Ma il racconto di Lajolo è freddo, scarno, minuzioso, e proprio per questo emozionante e coinvolgente.
Sempre prevale in Lajolo la fraternità con i compagni, un legame intriso di ammirazione, affetto e comprensione, anche verso quelli che, ad un certo punto, si danno alla fuga

Talvolta affiora la retorica, ma essa viene decisamente ricacciata indietro da uno stile asciutto, quasi da resoconto militare.
Dʼaltra parte Lajolo è ben cosciente di combattere una guerra civile.
" Sono i tristi pensieri che ci schiude in cuore la crudeltà della guerra civile, quando sei costretto a far la guerra tra le tue case".
E sorgono allora domande angosciose.
" Perché, mi domando, hanno imparato a soffrire, perché dopo tanti anni di guerra hanno sentito il bisogno di combattere ancora ?"

Durante la guerra partigiana Lajolo diviene comunista.
Per nostra fortuna, lʼautore dà poco spazio alla discussione politica così come raramente approfondisce la sua maturazione ideologica.
Quando lo fa, rapidamente il racconto scivola in frasi scontate, tante volte lette ed ascoltate.
A noi, delusi e pessimisti, impressiona la grande speranza, che anima il mondo ideale dei protagonisti.
Fa riflettere la sicurezza con la quale pensano al futuro: un grande cambiamento nella cultura, nellʼetica e nella struttura sociale.
Che dire di questa convinta affermazione: " nessuno più ci intontirà con le parole.
Noi abbiamo appreso a giudicare dai fatti, freddamente, passando tutti e tutto al vaglio della nostra coscienza".

Perché leggerlo ? Un ricordo " a caldo" della Resistenza, senza retorica.

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